Un anno col botto

Il Diario di Aziza«Datemi pure della cafona, ma stavolta non vi augurerò buon anno. No, non vi voglio male. Lo faccio proprio perche vi voglio bene e perchè, dopo otto lustri che sono al mondo e che mi sforzo di comprendere il genere umano, giustificarlo e amarlo, davvero stento ancora a capire.

Il primo gennaio del 2013 mi sveglio e scopro che due italiani hanno perso la vita mentre facevano detonare un botto di capodanno per festeggiare altri maledetti 365 giorni. In 361 sono rimasti feriti, chi senza dita, chi senza mani, chi senza un occhio. E poi, danni ad auto, case, strade, balconi. Qualche giorno dopo sei persone, allegre fradicie in vacanza, si strapiombano con una moto-slitta di notte giù per una pista da sci nera vicino Cermis, in Trentino, e muiono tra la neve. I soccorritori trovano brandelli carne nel bianco Natale.

Pochi giorni prima, il 25 dicembre 2012, 90 persone muiono ad Halfaya, in Siria, in quella che viene chiamata la strage del pane.  Erano in fila davanti a un forno. Bombardati dall’alto dai Mig del dittatore. Chi arriva per primo trova corpi fradici di sangue e nero carbone.

Si fa il conto dei morti della guerra civile più snobbata dalla Nato (ma non si dica snobbata dai media: ci sono due reporter occidentali scomparsi, 35 morti, molti hanno riportato disturbi fisici e psicologici, dalla sordità al Ptsd, il post traumatic stress desorder). Sessantamila persone, secondo l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani Navi Pillay. Sessantamila persone. Lo riscrivo in numeri arabi: 60mila persone.

Morti come? Mentre camminavano, correvano, pensavano, mangiavano, facevano l’amore, cucinavano, combattevano, manifestavano, si rifiutavano di confessare, si forzavano al silenzio o gridavano e bestemmiavano contro quel cane di Assad, quegli ipocriti della Nato e dell’Onu, quei venduti dei libanesi, quegli insetti degli wahabiti, quei maledetti degli iraniani. Morti perché? Perché cadeva su di loro un barile imbottito di tritolo come un asteroide dal cielo, perché arrivava sul petto o alle spalle la raffica di un cecchino, perché un colpo di mortaio ti fa saltare la calotta cranica, perché un miliziano si vendica su una divisa e su quello che rappresenta, perché un carceriere decide di impalarti per farti capire chi comanda qui.

Altro che fuochi d’artificio. E voi vi aspettate che vi faccia gli auguri di buon 2013? Auguratevi piuttosto che non vi faccia saltare le due dita che vi sono rimaste intere dai botti di capodanno, voi che non ne avete mai alzato uno per questa gente che vive e muore su una polveriera. Ma Allah è grande e io confido in lui».

Questo è il testo di un messaggio che io, Aziza, ho ricevuto da una mia amica siriana che vive in Italia. Per una volta lo faccio mio, augurandovi un anno nuovo così.

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