I “Babbi Natale della crisi”. Santa Claus, pensaci tu

 

 

Non ci resta che piangere. A meno che non sappiamo sperare. Allora potrebbe essere più facile riuscire a superare la crisi con la forza di quella che alcuni chiamano fede e molti illusione. Tuttavia, in tempi di magra, anche i miti inossidabili conoscono qualche cedimento.
Lo dimostra ciò che accade alla Charles Howard Santa Claus School di Midland, nel Minnesota, un’organizzazione no-profit dove si formano i Babbi Natale più qualificati e professionali d’America.

Dove la prima (e nuova) regola è: non imparare a promettere nulla e avere la risposta sempre pronta di fronte alla letterina più strappalacrime. E la risposta è questa: «Babbo Natale è specializzato in giocattoli. Per il resto si può sempre pregare». Il resto è, ad esempio, la richiesta di un bambino che desidera “un nuovo lavoro per papà”. Un papà che non può permettersi il regalo che il figlio gli chiede, semplicemente perché non lo trova, mentre Babbo Natale deve mantenere la forza d’animo di dire “no”.

In tempi di crisi, la prestigiosa “Harvard per Babbi Natale, che sforna eserciti di qualificatissimi Babbi Natale dal lontano 1937, deve rivedere i suoi programmi didattici e aggiornarli. Cosa vuol dire? Se prima, per ottenere il diploma di Santa Claus, bastava acquisire la tecnica della risata alla Babbo Natale, adesso le cose si complicano. “Bisogna essere abili a dire di no al bambino che chiede regali troppo costosi per la famiglia vittima della crisi, senza rischiare però di soffocare le sue  illusioni infantili e sbattergli in faccia una realtà che non può comprendere”, dice Fred Honerkamp, docente già diplomato alla Santa Claus School.

I Babbi Natale della crisi, insomma, devono essere abili comunicatori e psicologi dell’infanzia. Ma quando la parola d’ordine (della crisi) è “incertezza”, non c’è Babbo Natale che tenga. Sembra strano, ma la Santa Claus School, situata in un’amena zona di Midland fuori dal tempo, è il più drammatico specchio della crisi. A novembre la Scuola ha sfornato la più nutrita classe della sua storia. E tra questi novelli Babbi Natale, pronti ad essere ingaggiati dai grandi stores americani, non ci sono solo vecchietti che vogliono arrotondare la pensione, ma un folto gruppo di giovani brillantemente laureati in discipline come ingegneria aerospaziale o business&administration.

Non si iscrivono alla Santa Claus School perché hanno voglia di nuove emozioni, ma perché l’unica disperata sicurezza che è rimasta loro sono quei 35/50 dollari all’ora per pochi giorni l’anno, travestiti da Babbo Natale in qualche centro commerciale. Qui si devono inventare qualcosa davanti a file di bambini che sanno già di dover mandare a casa in lacrime e a mani vuote. La retta della scuola è di 415 dollari per i principianti e 365 per i veterani. Nonostante nella Santa Claus School cresca il dibattito tra i Babbi Natale per vocazione e quelli per soldi (sempre più numerosi), i consulenti finanziari suggeriscono loro di mettere quei 35/50 dollari all’ora in fondi pensione, e gli esperti di marketing illustrano le tecniche per rendersi più appetibili sul mercato ed avere così più opportunità di lavoro.

Nulla di strano, volendo prepararci al peggio anche in Italia, vedersi arrivare frotte di Babbi Natale nelle mense della Caritas fare la fila per un piatto di pasta, piuttosto che per distribuire pasti a homeless e migranti che dalla vita, ormai, non si aspettano nessuna (bella) sorpresa.

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