SILENCES

A window that gives light to less known or forgotten stories as well as curiosity and low diffusion news and reports – as the economic interests of Western countries towards North Africa – but exploited by the media when they were attractive. Focusméditerranée draws them from the silence in which they have been abandoned. Facts are not a matter of short mediatic moment, but often need time for a comprehensive picture. |E' una finestra che dà luce a storie meno note, curiosità o vicende dimenticate - come gli interessi economici delle potenze occidentali in Nord Africa - , ma sfruttate dai media quando “facevano notizia”. Independnews le ripesca dal silenzio in cui sono state abbandonate. Perché i fatti non parlano solo quando nascono. Per capirli bisogna seguirli.

KOSOVO, esempio di “ricostruzione”(4)/ Gli studenti del Don Bosco di Pristina parlano di futuro

SILENCESDon Bosco_Don Matteo_640L’8 giugno scorso il Pdk ha vinto le elezioni in Kosovo e il premier Hashim Thaci, ex capo della guerriglia indipendentista Uck, ha raccolto il 30,6% dei voti, ricevendo così il suo terzo mandato di governo. Nell’ex provincia serba a maggioranza albanese anche una grossa fetta della minoranza serba ha scelto di andare a votare per avere propri rappresentanti al parlamento kosovaro.NotOnlyMed Il 18 giugno sono iniziate a Mitrovica le operazioni di rimozione della barricata eretta tre anni fa sul ponte Austerlitz, simbolo della divisione tra la comunità serba e quella albanese presenti nel Paese. Questa è la fotografia ufficiale del Kosovo nel giugno del 2014: un Paese che si sta dirigendo verso la “democrazia” e verso la “normalizzazione”. Ne è consapevole Don Matteo di Fiore, salesiano italiano che da otto anni dirige il Centro Don Bosco di Pristina e punta sui giovani per rafforzare il cammino verso questa “normalizzazione”, che per lui significa soprattutto, attraverso l’educazione, tolleranza e rispetto delle minoranze etniche e delle religioni (a sinistra Don Matteo e di seguito il Don Bosco di Pristina. Ph. Silvia Dogliani).

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KOSOVO, esempio di “ricostruzione”(3)/ La voce delle minoranze Rom

SILENCESex penitenziario di Gurrakoc, Istok, Kosovo. Ph. Silvia DoglianiVivono dentro le celle di un ex penitenziario nel centro di Gurrakoc, un NotOnlyMedvillaggio che fa parte del Comune di Istok, in Kosovo. Sono giovani donne Rom con i loro mariti e figli, che, dietro le mura sgretolate della vecchia prigione, nascondono la loro storia. Si muovono silenziosamente, nel timore che qualcuno li possa mandare via. Li ha individuati il Tenente Colonnello Corrado Prado, responsabile dell’unità CIMIC (Civil Military Cooperation) del contingente italiano KFOR.

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KOSOVO, esempio di “ricostruzione”(2)/ La parola a KFOR

SILENCESCimiteri Kosovo_Ph.Silvia Dogliani_640Dal VM90 intravediamo un Paese malinconico. Sia a destra, sia a sinistra, si estendono cimiteri di piccole o grandi dimensioni, che fanno parte di un paesaggio collinoso privo di un vero e proprio progetto urbanistico. Le vecchie abitazioni di pietra, per la maggior parte distrutte durante la guerra, sono state quasi interamente demolite. NotOnlyMedAl loro posto, case di mattoni senza intonaco sono cresciute come funghi. I mattoni rossi, lasciati nudi, sembrano voler sottolineare un taglio netto con il passato e la volontà di un popolo di guardare avanti; ma rappresentano anche la precarietà di un Paese senza vere prospettive. Non sappiamo come chiamare le città che attraversiamo: Pec o Peja? Dakovica o Gjakove? I cartelli stradali indicano due (o più) nomi, ma molto spesso uno dei due è cancellato e subito capiamo di trovarci in un Paese che possiede una “doppia identità”. Rientrati alla base del Multinational Battle Group – West, nei pressi di Pec/Peja, che è stata soprannominata “Villaggio Italia”, incontriamo il comandante, il colonnello Antonio Sgobba, e gli facciamo alcune domande sulla missione KFOR e sul ruolo dell’Italia.

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TURCHIA/ Elezioni amministrative. Una voce da Istanbul

med-youth-forumelezioniUno studente di Scienze Politiche presso l’Università di Istanbul (che preferisce non rivelare la sua identità)

Istanbul – Nella notte del 30 marzo scorso, l’Akp –  il Partito per la giustizia e lo sviluppo con a capo Recep Tayyip Erdoğan –  ha vinto di nuovo a Istanbul come in molte altre città della Turchia. Queste elezioni sono state le più importanti negli ultimi venti anni. Sono state locali, ma hanno avuto qualità differenti. Fanno, infatti, parte di un processo confuso della politica turca che prova, ma non riesce, a rinnovarsi. Un processo che è cominciato con la protesta a Gezi Park, a maggio del 2013, ed è continuato con lo scandalo corruzione a dicembre di quest’anno fino a portare il governo a bloccare i social, come Twıtter e Youtube, responsabili delle fughe di notizie.

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