Dresnik è una piccolissimo villaggio abitato da serbo kosovari che incrociamo durante un’attività di pattugliamento.
Siamo partiti da Belo Polje, diretti verso il centro del Kosovo. Abbiamo attraversato altre località, tra cui Gorzadevac, Donji Petric, Klina, Buca, Kos, Opraske, Osojane, ma una sosta a casa di Ana per un caffè e una rakija è d’obbligo (Guarda la GALLERY di Silvia Dogliani).
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KOSOVO, esempio di “ricostruzione”(5)/ Dresnik. Una rakija con Ana
17 July 2014
KOSOVO, esempio di “ricostruzione”(4)/ Gli studenti del Don Bosco di Pristina parlano di futuro
19 June 2014
L’8 giugno scorso il Pdk ha vinto le elezioni in Kosovo e il premier Hashim Thaci, ex capo della guerriglia indipendentista Uck, ha raccolto il 30,6% dei voti, ricevendo così il suo terzo mandato di governo. Nell’ex provincia serba a maggioranza albanese anche una grossa fetta della minoranza serba ha scelto di andare a votare per avere propri rappresentanti al parlamento kosovaro.
Il 18 giugno sono iniziate a Mitrovica le operazioni di rimozione della barricata eretta tre anni fa sul ponte Austerlitz, simbolo della divisione tra la comunità serba e quella albanese presenti nel Paese. Questa è la fotografia ufficiale del Kosovo nel giugno del 2014: un Paese che si sta dirigendo verso la “democrazia” e verso la “normalizzazione”. Ne è consapevole Don Matteo di Fiore, salesiano italiano che da otto anni dirige il Centro Don Bosco di Pristina e punta sui giovani per rafforzare il cammino verso questa “normalizzazione”, che per lui significa soprattutto, attraverso l’educazione, tolleranza e rispetto delle minoranze etniche e delle religioni (a sinistra Don Matteo e di seguito il Don Bosco di Pristina. Ph. Silvia Dogliani).
KOSOVO, esempio di “ricostruzione”(3)/ La voce delle minoranze Rom
22 May 2014
Vivono dentro le celle di un ex penitenziario nel centro di Gurrakoc, un
villaggio che fa parte del Comune di Istok, in Kosovo. Sono giovani donne Rom con i loro mariti e figli, che, dietro le mura sgretolate della vecchia prigione, nascondono la loro storia. Si muovono silenziosamente, nel timore che qualcuno li possa mandare via. Li ha individuati il Tenente Colonnello Corrado Prado, responsabile dell’unità CIMIC (Civil Military Cooperation) del contingente italiano KFOR.
KOSOVO, esempio di “ricostruzione”(2)/ La parola a KFOR
17 April 2014
Dal VM90 intravediamo un Paese malinconico. Sia a destra, sia a sinistra, si estendono cimiteri di piccole o grandi dimensioni, che fanno parte di un paesaggio collinoso privo di un vero e proprio progetto urbanistico. Le vecchie abitazioni di pietra, per la maggior parte distrutte durante la guerra, sono state quasi interamente demolite.
Al loro posto, case di mattoni senza intonaco sono cresciute come funghi. I mattoni rossi, lasciati nudi, sembrano voler sottolineare un taglio netto con il passato e la volontà di un popolo di guardare avanti; ma rappresentano anche la precarietà di un Paese senza vere prospettive. Non sappiamo come chiamare le città che attraversiamo: Pec o Peja? Dakovica o Gjakove? I cartelli stradali indicano due (o più) nomi, ma molto spesso uno dei due è cancellato e subito capiamo di trovarci in un Paese che possiede una “doppia identità”. Rientrati alla base del Multinational Battle Group – West, nei pressi di Pec/Peja, che è stata soprannominata “Villaggio Italia”, incontriamo il comandante, il colonnello Antonio Sgobba, e gli facciamo alcune domande sulla missione KFOR e sul ruolo dell’Italia.