Come saremo: il mercato dell’arte dopo il covid. Slancio e guadagni per chi saprà utilizzare al meglio i mezzi della contemporaneità, e rifiuterà di piangersi addosso.
Nel mercato dell’arte, i personaggi più reattivi hanno vissuto la pandemia come un imprevisto di portata storica, capace di trasformare approcci e sollecitarne di nuovi – in sintesi un’occasione potenzialmente molto positiva, tutta da cogliere. Comune denominatore del cambiamento, la tecnologia, la pratica quotidiana della tecnologia

Pietro De Bernardi, AD della Pandolfini Casa d’Aste
FIRENZE – “Nel marzo 2020, quando il confinamento cominciò, noi eravamo in grado di operare sia in presenza sia online: ci è bastato potenziare questo ambito, deviando momentaneamente forze e risorse”, ricorda il dottor Pietro De Bernardi, amministratore delegato della Pandolfini Casa d’Aste, che ha sedi a Firenze (centrale), Roma, Milano.
“Le aste a tempo – con cataloghi solamente online aperti ai rilanci 24h/24 durante una settimana o anche due – sostituirono quelle in presenza, e il risultato delle vendite fu molto positivo, pure nel successivo coordinamento di novembre”.
Esperienze simili in Italia e fuori?
“Le Case d’Asta di dimensioni medio grandi, europee e non, hanno affrontato questa situazione più o meno nel medesimo modo. Chiaramente le majors britanniche o statunitensi, a causa della loro organizzazione molto più complessa e articolata, sono state costrette anche ad alleggerire la struttura e a licenziare personale, per la evidente riduzione del fatturato”.
Nel dopo covid le Case d’Asta riprenderanno il loro ruolo a livello internazionale?
“Le vendite con garanzia permettono di proporre opere che altrimenti non sarebbero mai uscite da collezioni che le custodivano gelosamente: questi pezzi vengono a volte ceduti proprio per migliorare la collezione, altre per ottenere la disponibilità finanziaria utile alla sua stessa sopravvivenza; è il caso delle vendite che hanno ultimamente effettuato alcuni musei in Gran Bretagna e negli Stati Uniti”.

Pietro De Bernardi
Mutamenti nel pubblico?
“Il collezionista in generale, o meglio il collezionismo inteso come passione, interconnesso al gusto e alle mode, è sempre più intersettoriale; comune denominatore: la ricerca della qualità. I Buyer ricercano opere e oggetti iconici, firmati da grandi produttori o di sicura attribuzione e corredati di Export Licence, anche perché si sta facendo sempre più importante l’attività di compratori stranieri focalizzati da un lato sulle opere antiche e dall’altro sul settore legato al lusso più che al collezionismo. Gioielli, orologi da polso, vini da collezione, accessori vintage stanno avendo una crescita impensabile fino a 15 anni fa. Le vendite online si sono rivelate soddisfacenti pure per gli argenti, che finora parevano i meno favoriti. In queste vendite sono comparsi anche acquirenti di tipo nuovo, già frequentatori più che altro di gallerie e fiere, non abituati a presentarsi in date fisse per proporre acquisti in tempo reale”.
In conclusione?
“La crisi lascerà certamente strascichi, ma il nostro settore, come tutti quelli anticiclici, potrà anche fornire risultati inaspettati soprattutto nel mercato del lusso; buone opportunità di investimento potrebbero offrire anche branche da tempo caratterizzate da quotazioni medie molto basse, come i dipinti antichi e del secolo XlX o la scultura o gli oggetti d’arte.
È sempre molto complesso anticipare, ma i compratori esistono, sono molto motivati, cercano opere di alta qualità con provenienza eccellente. Semmai, la vera sfida sarà reperire quel tipo di opere e convincere i potenziali venditori”.