“Frontières”, a Parigi una mostra sui muri che separano

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Symbols of divisione and separation, walls have not only been the physical manifestation of conflicts between population, but have also shaped ways of thinking during various period of history“, si legge sul primo tabellone che troviamo all’entrata della mostra “Frontières“, l’esposizione al Musée de l’histoire de l’immigration di Parigi. Immediatamente ci troviamo ad osservare immagini e mappe che rappresentano i muri di separazione più conosciuti del mondo: dalla Grande Muraglia in Cina, al muro di pietre eretto dall’imperatore romano Hadrien in Gran Bretagna contro le incursioni dei Barbari del Nord, a quello che separa Israele dalla Cisgiordania, la Corea del Sud dalla Corea del Nord, l’India dal Bangladesh.
Continua a leggere e GUARDA LA GALLERY della mostra Frontières.


Quali pretesti e giustificazioni può trovare uno Stato per erigere un muro
, se non quelli di una guerra o di una crisi economica ed identitaria e della paura che da esse viene generata? Eppure la storia dell’umanità è fatta di movimento, flussi, alternative. L’immigrato è, per definizione, chi attraversa le frontiere, motivato da bisogni personali o da difficili situazioni politiche.

Oggi, più di cinquanta muri costruiti nel mondo intero rappresentano la necessità di uno Stato di riaffermare con forza la sua sovranità. “Frontières” è un’esposizione che aiuta a comprendere l’evoluzione della mobilità nel mondo, e in particolare quella verso l’Europa.

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Korean Demilitarized Zone (DMZ). Ph. Silvia Dogliani

All’inizio del XXI secolo – caratterizzato dalla globalizzazione delle economie e dall’incremento degli scambi tra i Paesi  – la mobilità delle persone, anch’essa in costante crescita, stava a significare progresso e modernità, in particolare modo nelle vaste zone di scambio come  quelle dell’Unione europea.

Ma gli eventi storici hanno dimostrato il contrario. Sotto gli occhi di tutti, infatti, è l’attuale tragedia che si sta consumando nel Mediterraneo e in Europa: alla libertà oggi si risponde con il controllo, all’apertura con la chiusura, al contatto con l’esclusione. E la mobilità non è più sinonimo di progresso, ma piuttosto di paura.

Info: Frontières, fino al 3 luglio (chiuso il lunedì), Palais de la Porte Dorée, Musée de l’histoire de l’immigration, Parigi.

 

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