“Per fortuna abbiamo scelto il 1 dicembre per presentare nel Foyer del Teatro Carcano di Milano i 14 libri fotografici di Angelo Redaelli. Se avessimo posticipato, probabilmente ne avremo prodotto un quindicesimo..”, scherza Ferruccio Dendena, editore della casa editrice Anthelios e forte sostenitore del progetto di Angelo: raccontare attraverso la fotografia gli ultimi trent’anni di storia del teatro.
Tutto è iniziato con il primo lockdown dovuto al Covid-19. “Ho scelto di sistemare il mio archivio per riempire questo spazio di tempo in cui ci ha costretti la pandemia”, spiega il fotografo. “Da due libri sono passato a 14 e ne ho tanti altri in cantiere: il volume 3 di prosa e danza e in futuro ci sarà il 4, il 5 e il 6 … anche loro hanno diritto di trovare uno spazio. Poi voglio farne altri due sull’India”.
La sua è una fotografia infinita. Arrivare a scremare e selezionare le immagini scattate in 30 anni e poi abbinarle e creare un racconto è stato certamente una lavoro estenuante e durissimo.
Si chiamano “Corpi in Scena” (volume 1, 2 e 3); “Danza”, “Fantasisti”, “Voci e musiche”; “Vis-à-vis”, “Musical”, “Prosa” (volume 1, 2 e 3). Ci sono poi tre volumi intitolati “Fuori scena”, sono le immagini che Angelo ha realizzato nei camerini dei teatri. “Ci vuole capacità, tatto e molta discrezione; hai poco tempo e devi saperlo cogliere”, spiega il fotografo. “Quando sei più a contatto con gli artisti, impari a conoscerli. Con alcuni riesci anche a coltivare un rapporto umano di amicizia”.
Nel Foyer del Carcano, seduta in prima fila, c’è infatti Luciana Savignano, alla quale Redaelli ha dedicato il 15esimo libro, che sarà presentato il prossimo 13 dicembre al Teatro Franco Parenti di Milano.
Invitata sul palco, prende in mano il microfono e racconta: “Con Angelo ho un rapporto particolare. Di solito ho bisogno di affidarmi alle persone e a lui mi sono affidata perché andava oltre, cercava l’anima”.
Quando parla del libro di Redaelli confessa quanto lei sia da sempre una persona esigente e difficilmente soddisfatta delle immagini che la ritraggono. “Anche se spesso nulla mi va bene, gli ho detto: ‘scegli tu’ e la foto che selezionava quasi sempre l’ho accettata. In certe occasioni, mi sono un po’ nascosta, ma di lui mi sono fidata, ho voluto un pochino violentarmi”. È felice di questo lavoro, perché “Non è un libro sulla mia storia e, anche se è cronologico, racconta senza dover raccontare a parole”. Poi si rivolge all’autore, sorride e commossa gli dice “Grazie che mi hai accompagnato fino a qui”.
Angelo Redaelli ha iniziato il suo percorso professionale proprio al Teatro Carcano, anche se i primi scatti li aveva fatti al Teatro Nazionale di Milano, quando fotografare il palcoscenico per lui era ancora un hobby.
Il suo segreto per cogliere con tale eleganza certi attimi in scena è la passione. Ma la difficoltà di fotografare in teatro è tanta. “Ci vuole anche molta attenzione – spiega. A volte sono talmente concentrato che dimentico quale spettacolo sia in scena”.
Il personaggio che gli è rimasto più dentro è Paola Borboni, quando l’ha fotografata in camerino. “È stata un’esperienza indimenticabile”, ricorda con un sorriso. Poi c’è Carmelo Bene, Vittorio Gassman, Gino Bramieri …
Il suo è un lavoro di grande umiltà e fatica. Angelo è stato definito “fotografo spirituale e non invasivo”. I colleghi lo apprezzano e i teatri lo stimano e gli danno fiducia, tanto che nessuno si preoccupa quando gira liberamente con la sua macchina fotografica tra i camerini.
Tra teatro e musica sceglie il teatro: “E’ più facile fotografare l’ambiente della prosa e della danza, un po’ meno quello della musica, perché è difficile avvicinare gli artisti”.
Le nuove tecnologie non hanno cambiato il suo modo di fotografare, ma certamente quello di lavorare: “Adesso non devo sviluppare o stampare. Ho subito l’idea di quello che faccio. Prima non dormivo fino a quando non vedevo le pellicole!”. Per Angelo l’analogico e il digitale vanno entrambi bene, “L’importate è saper trovare il momento giusto e fare con professionalità il tuo lavoro. Tanti scattano a caso. Con il digitale cambia il criterio, ma bisogna sempre usare la testa, prevedere il movimento. Nella prosa, per esempio, bisogna fotografare subito gli artisti che sai che hanno parti minori e che non appariranno più dopo”.
Da giovane Redaelli è stato anche un fotografo sportivo. Più del calcio, lo affascinava il basket, in particolare la gestualità, che in qualche modo ricorda la danza: “Accade tutto in una frazione di secondo e ti abitui a capire quando fare lo scatto giusto”.
Tra gli ospiti presenti nel foyer c’è Paolo Scotti, direttore artistico del Teatro Creberg, che lo definisce “Un bravissimo fotografo, un romantico che sa stupirci con l’umanità vera”. C’è anche Alessandro Arnone, direttore del Teatro Manzoni, che ha conosciuto Redaelli nel 2012 in occasione dello spettacolo “Il vizietto” e in lui nutre stima e massima fiducia: “Persona splendida, alla mano. Dopo lo spettacolo Angelo aspetta, entra e poi esce dai camerini in totale autonomia. Approfitterò del suo archivio quando tra poco festeggeremo i 150 di vita del Manzoni”. Ma la definizione vera di Angelo Redaelli la dà Aldo Masella, regista, giornalista e direttore della Scuola di Teatro del Carcano: “Ho sempre pensato che Angelo fosse un danzatore, perché coglie movimenti e trasparenze. Ci ha condotti per mano nell’evoluzione della sua fotografia”.
Info: Acquista online i libri di Angelo Redaelli presso la casa editrice Anthelios. Prezzo: 40 euro