Gli scontri recenti nella città palestinese Nablus, in Cisgiordania, durante un’incursione dell’esercito israeliano; quelli del 27 febbraio, nella cittadina palestinese di Huwara, presa d’assalto da coloni estremisti ebrei dopo l’uccisione di due fratelli israeliani; le manifestazioni di ieri in molteplici città di Israele contro la riforma giudiziaria voluta dal governo di destra di Benjamin Netanyahu sono solo tre dei tanti episodi di violenza e malcontento che continuano a perpetuarsi in Palestina ed Israele. C’è chi si è soffermato a riflettere su quest’area caotica del mondo e ha usato il cinema per tracciare un’inedita mappatura geografica del Medio Oriente.
Monica Macchi, docente di italiano L2, mediatrice culturale e linguistica in area arabo-islamica e autrice del libro “I dannati della Terra Santa. Sionismo e colonizzazione israeliana nel cinema militante“ (Durango Edizioni), ha scelto proprio il cinema come agente di storia. Lo “schermo” svela realtà composite e apre uno spazio narrativo e visivo inedito rispetto a quello mainstream che oscilla tra egemonia coloniale ed esotismo.
“Accanto al testo scritto che utilizza solo il codice verbale – spiega l’autrice – ho pensato di suggerire una filmografia di altissimo livello, che raramente arriva sui nostri schermi al di fuori del circuito dei festival, dove l’Altro sia soggetto filmico di auto narrazione e non un mero oggetto dello sguardo altrui.”
Attraverso lo sguardo dell’Altro, si vuole, quindi, mostrare e recuperare l’esperienza del Levante, inteso come archivio sonoro, visivo e letterario di un Mediterraneo non ancora ingabbiato dai rigidi confini degli Stati-nazione. La decostruzione della logica sionista, che proietta forme di nazionalismo innestato su politiche coloniali, restituisce così un immenso patrimonio di simboli, concetti ed influenze della componente ebraica nel mondo arabo-islamico. Il cinema ci emoziona e così ci permette di guardare quello che prima forse ignoravamo, sviluppando capacità di analisi e riflessione critica.
Monica Macchi propone anche schede didattiche come strumento pedagogico per stimolare giovani studenti. Per l’autrice è fondamentale che prima e dopo la visione del film venga dedicato tempo alla discussione e alla riflessione collettiva. Le attività di gruppo non devono essere lezioni frontali, ma momenti strutturati con approcci metodologici integrati. L’insegnante utilizzerà queste schede didattiche per stimolare i giovani che potranno rielaborare racconti ed esperienze personali superando stereotipi e pregiudizi, estendendo lo sguardo anche a macro-fenomeni come flussi migratori, sopraffazione e violenza. Si potrà lavorare anche sulla costruzione della memoria personale e collettiva.