“Cosa ne pensi della storia di Julian Assange?” mi chiede un amico durante una cena informale. Ad una domanda così semplice non è facile dare la giusta risposta. “Anche se in fondo tutto è relativo – rispondo – trovo che Assange sia un uomo coraggioso e per questo lo ammiro”. “Lo ammiri?” sgrana immediatamente gli occhi il mio interlocutore. “Come puoi ammirare qualcuno che ha letteralmente rubato del materiale ‘top secret’ e l’ha poi sbandierato al mondo intero, senza neppure preoccuparsi delle conseguenze?”. “Prima di farlo – replico immediatamente – ha chiesto al Governo statunitense una lista di nomi coinvolti nei file la cui vita poteva essere messa in pericolo dopo la pubblicazione dei documenti. La lista non è mai arrivata”. “Lo credo bene – risponde il mio amico – è materiale sottratto illegalmente!”.
LA MIA VERITÀ – Sono sempre stata a favore della trasparenza. Preferisco avere in mano mille documenti con mille verità e valutare con attenzione e responsabilità quale sia quella giusta, a patto che ci sia. E voi cosa ne pensate?
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L’attività di WikiLeaks ha segnato non solo gli equilibri di Stati e Nazioni, ma ha anche alterato concetti e confini fino ad oggi pressoché condivisibili. Concetti come ‘libertà di stampa’, ‘libertà di parola’, ‘verità’ e ‘trasparenza’.
Fino a dove ci si può spingere oggi? Chi può fare informazione e come la può fare? Secondo Juan Carlos De Martin, che ha pubblicato per La Stampa l’articolo ‘Libertà di stampa significa libera rete‘ WikiLeaks non ha rubato, ma ha semplicemente pubblicato documenti, che ha ricevuto attraverso una buca delle lettere online sicura, dopo averne verificato la veridicità e dopo aver ritenuto che facessero notizia. Nel suo articolo De Martin affronta due problemi importanti: quello del limite della libertà di espressione e quello degli attori, che apparentemente sono tutti uguali davanti ai diritti fondamentali. In sostanza Internet democratizza la libertà di espressione e ciò si è capito solo grazie a WikiLeaks.
Bill Keller, direttore del New York Times, in un’intervista alla BBC parla infatti di rivelazioni imbarazzanti più che di furto o di vero e proprio attacco alla politica estera statunitense e alla comunità internazionale (così bollato invece dal Segretario di Stato Hilary Clinton).
Nell’articolo di Marco Bardazzi su La Stampa ‘Il giornalismo è un’altra cosa‘ il vero giornalismo, anche nell’era digitale, ha per protagonisti solo testimoni esperti e credibili, capaci di valutare i fatti sulla base di conoscenze acquisite nel tempo, senza trasformarsi in buche delle lettere. Il lettore resta il vero giudice imparziale. Quello di Julian Assange non è quindi giornalismo!
Ma Julian Assange alla fine ha scelto di consegnare il materiale acquisito a professionisti esperti e credibili, affinché lo analizzassero con responsabilità e trovassero la giusta chiave di lettura prima di presentarlo ad un cittadino sempre più attento, informato ed esigente. A tal proposito è interessante leggere l’articolo di Sylvie Kauffman “Pourquoi Le Monde publie les documents WikiLeaks“, che spiega ai lettori di Le Monde la scelta del quotidiano di pubblicare i file segreti, e quello di Ezio Mauro che scrive per La Repubblica ‘Il ciclone WikiLeaks e il bisogno di capire‘ e affronta i temi informazione, potere e democrazia al tempo di Internet.
Torniamo alla nostra cena e al nostro tavolo, dove il dialogo su Assange non si spegne. Ma se la libertà di espressione e l’eccessiva trasparenza mettono a rischio la sicurezza di un Paese, cosa è meglio fare? “Io avrei preferito non sapere” dice un’altra amica. “E perchè mai?” chiedo io. “Alla fine cosa abbiamo saputo di tanto importante?” mi risponde. Poi continua “WikiLeaks fa già una selezione nella scelta delle notizie da diffondere. L’interpretazione dei fatti è soggettiva, visto che le sfumature sono così numerose al punto da sembrare puro gossip, più che file top secret! Tutto questo porta ad una grande confusione. Niente di più” conclude.
Siamo dunque disposti a distruggere gli equilibri internazionali e a mettere a rischio la sicurezza di un Paese pur di conoscere la verità? Siamo pronti a vivere senza una leadership forte? Siamo pronti ad accettare documenti top secret sapendo che potrebbero essere stati sottratti in modo illegale?
Voi cosa ne pensate? Continuiamo insieme il dialogo e troviamo le giuste risposte!
a chi dà veramente fastidio Assange?
Ai grandi del pianeta che devono coprire le corbellerie delle loro seconde e terze linee?
Ai giornalisti che perdono preziose occasioni per vestire quello che possono vedere tutti?
Assange è stato utile e lo sarà ancora per qualche tempo per parlare di altro.
Gli equilibri politici mondiali non si reggono sulle dicerie… I grandi del mondo sanno 100 volte più di noi, quelli delle masse. L’unica cosa che non possono perdere? La faccia nei confronti dei loro clienti…
https://www.corriere.it/cronache/10_dicembre_15/personaggio-anno-time-zuckerberg-assange_e2efd3be-084c-11e0-b759-00144f02aabc.shtml
https://www.time.com/time/specials/packages/article/0,28804,2036683_2037118_2037146,00.html
sembrerebbe che non siano solo gli hacker ad apprezzare Assange…. ma perche?