A tea for three

Aveva appena aperto gli occhi, Gloria, nel suo lettino improvvisato, nella stanza dei bambini.Era tornata bambina anche lei, per pochi secondi, suicidando i sogni dell’alba su quel simpatico teschio – uno di quei divertimenti da maschiacci non ancora adolescenti – che ghignava sul comodino.

Le era venuto in mente suo fratello e la passione per l’horror condivisa per un paio d’anni. Da Dario Argento a Poltergeist, dai Gremlins all’Esorcista, era un modo per ridere della morte, per allontanarla, schifarla con un mezzo sorriso. Anche se avevi paura.

Ma a casa del suo uomo, di una famiglia sfuggita agli orrori della guerra per miracolo, era sicura che quel teschio lì in mezzo, tra il sonno e la veglia, anche se per gioco, non potesse avere lo stesso significato. Cosa pensava il piccolo Hassan, quando si alzava ogni mattina, nel letto che le aveva ceduto per gentilezza e ospitalità, guardando quel teschio? Alla cugina  ritrovata all’obitorio in pezzi, consegnata dalle truppe Nato? Al compagno di classe che non aveva più rivisto dopo la scuola? A quella volta che il padre non arrivava e tutti pensavano che oltre il check point fosse stato sottoposto a esecuzione?

Seduta a tavola a colazione guardava il piccolo Hassan nel giorno di festa, al jouma. Il venerdì è arrivato, inshallah.  Hassan scaricava file musicali dall’I-pad, non la guardava nemmeno. Asmaa stava traghettando dalla cucina il pane per la colazione. Gloria la aspettava. Un sorriso, un abbraccio inaspettato. Asmaa che porge a Gloria il té della colazione in una tazza verde Islam. “Questa è tua – le dice -, l’ho comprata ieri”. Hassan alza gli occhi dall’I-pad e fa un risolino di approvazione. “Piccola canaglia”, pensa Gloria. Asmaa ritorna in cucina correndo. Per fare piacere all’ospite, che sa che ne va pazza, ha portato uno speciale formaggio di capra. Ha in mano anche la sua tazza, identica a quella di Gloria. Cambia solo il colore. “Le ho prese uguali. Siamo sorelle, no?”

Hassan ha capito tutto. Questa storia della seconda futura moglie del padre lo eccita. La piccola canaglia ha capito che nascere uomo può essere un vantaggio, se anche a lui potessero toccare due donne così per mogli. Per ora si accontenta di due mamme diverse. Quella vera e quella acquisita. Il bello è che gli piacciono entrambe e quasi non ci crede.

Le donne hanno finito di fare colazione. Si sono sedute sul divano. Bevono il té. Chiaccherano. Hassan si è scelto un punto di osservazione privilegiato dalla sala da pranzo. Scatta foto con la sua Nikon digitale, il regalo di papà per il suo 14esimo compleanno. Le guarda attraverso la lente. La mamma, bruna e bellissima, che parla in un inglese stentato, mischiandolo con il suo arabo dialettale, e la straniera biondo miele, con quegli occhi lacustri e rasserenanti, che parla bene quell’inglese maledetto, ma che dice solo un paio di frasi in un arabo letterario e ridicolo, appena comprensibile. Gli sembrano così uguali e così diverse, ma così belle, chissà perché.

Ha deciso di usare un piccolo teleobiettivo per fotografare le due donne. Bello il profilo di mamma. Fantastiche le mani da pianista della western woman. Adesso succede qualcosa, Hassan mette a fuoco. La mamma prende le mani di Gloria. Gloria gliele stringe, la guarda. Chissà cosa si staranno dicendo. Il tè si raffredda sul tavolo. Hassan sposta il tele sugli occhi di mamma: sono umidi ma belli, sorridenti. Mamma non è triste, allora, non è gelosa. Hassan è contento. Fa un paio di scatti senza farsi accorgere di nulla. Le due donne non lo guardano nemmeno. Poi succede qualcosa, Hassan perde l’inquadratura. Gloria ha in mano le mani di Asmaa. Gliele bacia. Hassan si blocca, guarda la scena. E’ bello avere due mamme così.

 

 

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