Perché la guerra piace tanto alle banche (tedesche)

NH 90 della TF Fenice durante l'Op. Al DhuiL’Unione europea è oggi la maggiore esportatrice mondiale di armi e tecnologie militari. Basta dire che le operazioni riguardanti gli armamenti compiute dai 27 Stati membri, superano di gran lunga le rimesse effettuate all’estero sia dagli Stati Uniti, sia dalla Russia. Alla faccia del peacekeeping!

FM_la mia verita LA MIA VERITA’ –  Quanto sono credibili le campagne per la pace di Paesi le cui banche foraggiano attraverso i risparmi dei cittadini l’industria bellica?

Secondo i dati ufficiali del Rapporto del Presidente del Consiglio sull’import ed export di materiali di armamento per l’anno 2011 (a marzo è previsto il report 2012) fra gli esportatori primeggia, come volume finanziario, al netto dei programmi intergovernativi, l’Agusta S.p.A. con il 14,37 per cento, pari a 756,19 milioni di euro; seguita da Orizzonte Sistemi Navali S.p.A. con il 7,915 per cento, pari a 416,17 milioni di euro; Iveco S.p.A. con il 5,55 per cento, pari a 292,13 milioni di euro; Alenia Aermacchi S.p.A. con il 4,81 per cento, pari a 252,95 milioni di euro; Alenia Aeronautica S.p.A. con il 4,30 per cento, pari a 226 milioni di euro; Oto Melara S.pA. con il 2,65 per cento, pari a 139,50 milioni di euro; Elettronica S.p.A. con il 2,345 per cento, pari a 122,96 milioni di euro; Whitehead Alena S.S. S.p.A. con il 1,93 per cento, pari a 101,79 milioni di euro; Selex Galileo S.p.A. con il 1,60 per cento, pari a 83,96 milioni di euro; Avio S.p.A. con il 1,07 per cento pari a 56,53 milioni di euro.

Per quanto riguarda i Paesi destinatari, la parte più consistente  – oltre il 45 per cento – riguarda i Paesi del terzo mondo, fra cui l’Africa, che nel 2011 ha pesato in percentuale per oltre il 18 per cento, grazie alle vendite all’Algeria. Quest’ultima da sola  si attesta al 9,08 per cento, pari a 477,52 milioni di euro. Circa le importazioni, è interessante notare che quelle extra Nato ed extra Unione europea provengono principalmente da Israele e dalla Svizzera.

All’interno di questo sistema di compravendita, le industrie italiane di armi giocano un ruolo preminente avvalendosi dell’intermediazione di tutta una serie di istituti di credito, i quali, a loro volta, realizzano facilmente ottimi profitti. In pratica un’azienda armiera italiana, in base alla legge 185/90 sull’export di armi, si rivolge ad una banca ed apre un conto corrente su cui far giungere i pagamenti delle forniture. La banca che si è prestata a mediare ne ricava all’incirca il 3-5 per cento, a seconda del volume e del valore dell’ordine.

Ma quali sono le banche coinvolte? Innanzitutto salta all’occhio che i primi sei istituti bancari movimentano da soli l’80 per cento (cioè 1,9 miliardi di euro) dei flussi. E se questo è vero, non è corretto ciò che è scritto nella relazione del Ministero, e cioè  che cinque banche da sole hanno il 40 per cento delle autorizzazioni totali con 1,6 miliardi di controvalore perché tale dato equivale a circa il 67 per cento.

Per numero di autorizzazioni è Deutsche Bank a primeggiare (345 su 881), attestandosi come importi autorizzati su circa 665 milioni di euro (lo scorso anno erano 836). Eppure – secondo il Financial Times –  la banca avrebbe nascosto perdite per 12 miliardi di dollari fino al 2009, evitando il rischio della nazionalizzazione. Questo è ciò che emerge dalle accuse di tre ex-dipendenti che hanno denunciato la vicenda alle autorità statunitensi,  Sec compresa. I tedeschi le respingono e si dicono pronti a collaborare, ma troppe cose non quadrano. Sempre secondo le accuse, le perdite sarebbero legate in maniera diretta alla sotto esposizione – nei bilanci – di un maxi contratto di 130 miliardi di dollari di valore nominale. La sua iscrizione a un valore non di mercato sui libri contabili avrebbe così condotto alla sottostima di un buco di 12 miliardi di dollari per evitare l’automatico salvataggio della banca da parte dello Stato. E una banca commissariata ha meno margini di manovra e deve rigare diritto, proprio perché è sotto il controllo del governo. Non dimentichiamo che l’istituto è anche sotto inchiesta negli Stati Uniti per presunto riciclaggio di denaro.

Slider 440x240_BanchearmateSe, nella nostra classifica, piuttosto che considerare le singole “banche armate”, sommassimo i valori di istituti appartenenti allo stesso gruppo, è l’alleanza BNP Paribas e BNL a prendersi l’onore del primo posto. La succursale italiana della banca francese ha avuto autorizzazioni per un importo di 491 milioni di euro (96 autorizzazioni rilasciate e un calo dagli 862 dello scorso anno) mentre la controllata BNL si porta in casa 223 milioni di euro (più del doppio del 2010) con 57 autorizzazioni. In pratica una redistribuzione interna di autorizzazioni. Sopra i 100 milioni di euro vi sono invece altre due banche estere, come Barclays Bank (185 milioni) e Credit Agricole (175 milioni), mentre per i colossi di casa nostra (tra l’altro partecipanti a percorsi di trasparenza ben strutturati) troviamo dati piuttosto contrastanti. Se gli sforzi degli ultimi anni di uscita dalla lista di Intesa Sanpaolo paiono coronati da successo (solo 1 autorizzazione per 4mila euro nel 2011), Unicredit invece fa il pieno: considerando anche i dati della divisione “Corporate” sono state autorizzati 65 incassi per un controvalore di circa 180 milioni di euro.

Tra le banche territorialmente legate alla produzione di tipo militare vanno poi elencati il Banco di Brescia (17 autorizzazioni per 120 milioni), la Banca Valsabbina (20 autorizzazioni per 67 milioni) e la Cassa di Risparmio della Spezia (73 rilasci per 52 milioni di importi autorizzati).

E meno male che non siamo in guerra (o forse sì?)!

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1 Comment

  • mauro

    sei tremenda-come riesci a documentare quello che affermi-spero che non abbia ritorsioni considerata l’importanza dell’argomento

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