CILE/Terremoti dimenticati e modelli di riferimento

Mentre in Giappone la terra continua a tremare e l’ansia per ciò che sarà diventa sempre più forte, in Cile, dopo poco più di un anno da quel 27 febbraio 2010 che ha paralizzato un Paese lanciato a grandi passi verso il futuro, si va avanti con grande determinazione. Di fronte al disastro, i cileni hanno schivato le polemiche, hanno ridotto le accuse al campo tecnico delle inchieste giudiziarie e si sono rimboccati le maniche per “ponerse de piè y mirar hacia adelante”, con serietà, impegno, ottimismo e fiducia. Il Paese sudamericano ha dimostrato un’eccezionale capacità di reazione, esprimendo un invidiabile spirito di unità nazionale. Il terremoto in Cile è stato forse dimenticato o potrà diventare un ‘modello di reazione’ da prendere come riferimento per le tragedie presenti e future?

Erano le 03.34 quando la terra del Cile ha tremato improvvisamente per quasi 3 minuti a causa di una scossa di 8.8 gradi della scala Richter all’epicentro, vicino a Concepcion, seconda città cilena.

Non è stato così devastante come il terremoto che ha colpito il Giappone pochi giorni fa, ma è stato il sesto (quinto prima della tragedia in Giappone) più forte della Storia: una potenza 25 volte superiore a quello che ha colpito Haiti, come dire 100.000 bombe di Hiroshima. Se il terremoto dell’Aquila del 2009 ha avuto un’intensità di 5.9 gradi Richter, l’ultimo in Nuova Zelanda è stato di grado 6.3 e quello di Haiti non ha superato il grado 7.0, quelli del Cile e del Giappone, diventano certamente numeri allarmanti.

Quest’anno è stato ricordato quel tragico giorno con veglie di preghiera e il canto dell’inno nazionale. I politici hanno fatto le loro commemorazioni. Bandiere bianche, rosse e blu sono state liberate per terra e per mare, nell’Isola di Robinson Crusoe, devastata dallo tsunami, e in tutta la zona centrale del Paese, dove vive l’80% dei cileni. Non è mancata qualche critica per la mancanza di alloggi definitivi per 80.000 famiglie o per le espropriazioni di terreni sul mare per costruire frangiflutti protettivi. Ma il Cile ha dato una grande dimostrazione di unità e di forza. Prevenire è possibile: se non gli eventi della natura, almeno le loro catastrofiche conseguenze.

Contro le attuali 5.000 vittime in Giappone, in Cile i dati ufficiali ne hanno registrate “sole” 524. Le abitazioni distrutte o danneggiate sono 360.000. Un terzo degli ospedali delle cinque regioni colpite inagibili, come pure 1.500 chilometri di strade, aeroporti, porti e dighe. La vita di 2 milioni di persone è stata sconvolta dalle scosse e dalla forza del maremoto che ha spazzato le coste. Danni per 30 miliardi di dollari, dice il Governo, pari al 18% del PIL.

Grazie all’impegno di volontari e militari cileni, ONG e Istituzioni, e a qualche contributo straniero, in un solidario lavoro di squadra, il Cile ha risposto con disciplina e buona organizzazione, aspetti che descrivono sempre più spesso il carattere di questo popolo, evidenziato anche in occasione del salvataggio dei 33 minatori in mondovisione, quando il Presidente Piñera ha lanciato lo slogan che “fare le cose alla cilena, significa farle bene”.

Soluzioni essenziali di emergenza sono state predisposte in tempi rapidi in modo da dare un tetto provvisorio, alimenti, medicine, coperte. Il Presidente cileno sottolinea oggi, con il taglio efficientista che lo contraddistingue, i tempi di risposta: 45 giorni per riaprire le scuole a 1.250.000 studenti; 60 per ristabilire i servizi medici; 90 per l’approntamento di campi abitazioni di emergenza (le mediaguas, casette di legno prefabbricato di pochi metri); 100 per ripristinare completamente i collegamenti stradali ed aerei; e 120 giorni per rilanciare la crescita economica, che al termine del 2010 ha segnato un +5.3%, davvero eccezionale in tempi di crisi economica.

Metà del lavoro è stato fatto, dichiara Piñera, ma ammette che per concludere l’altra metà ci vorranno cinque anni.

Dodici mesi dopo il terremoto, il Cile è oggi non solo una delle più promettenti economie emergenti, ma anche una destinazione turistica in ascesa, come conferma il NYTimes che ha scelto Santiago come la prima delle mete consigliate per il 2011. Forse anche per il fascino che esercita la terra che trema e continua a tremare. L’ultima scossa di grado 5.9 è proprio del 27 febbraio scorso senza conseguenze. Solo negli ultimi due anni la natura ci ha violentemente messo di fronte alla sua forza e alle nostre responsabilità. Ancora una volta si rende indispensabile darle ascolto e fare di tutto per proteggerla.

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1 Comment

  • Ste

    Un grandissimo augurio al Cile e alla sua ripresa, sperando che anche il Giappone possa uscire da questo disastro il più presto possibile.

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