Le proteste non si placano al Cairo, soprattutto dopo l’altra notte, quando dalle carceri della capitale sono evasi migliaia di detenuti. La tensione è tanta e la gente è barricata in casa in attesa che la vita torni alla normalità.
“Mi rimangio ogni cosa che vi ho detto” ci dice Annarita ieri notte al telefono, con una voce che si sente appena. “Ho paura, siamo terrorizzati!”.
Il 27 di gennaio avevamo sentito l’imprenditrice italiana che vive da molti anni al Cairo ed è sposata con un egiziano. Preferisce non esporsi e sceglie di utilizzare un nome di fantasia. “Mi dispiace dirlo, ma l’Egitto non è che sia poi così democratico!” ci diceva. Ed ecco che la sua affermazione di qualche giorno fa inizia ad avere un senso e l’intervista che le avevamo fatto acquisisce oggi un nuovo significato: ogni parola viene rimessa in discussione e in Egitto tutto si evolve e nulla di ciò che sarà è ancora chiaro!
Il 27 di gennaio le avevamo posto molte domande alle quali Annarita non ha esitato a rispondere. “L’impressione generale della situazione attuale in Egitto è assolutamente positiva” ci aveva detto. “Era dal 1977 che non si vedevano gli egiziani manifestare in modo così palese. Per la prima volta li vedo estremamente interessati: finalmente leggono i giornali e passano ore sulla rete”. Annarita ci spiegava che questo malessere si sente da anni, ma, a differenza dalla Tunisia “Queste manifestazioni avranno solo risvegliato e unito il popolo. Politicamente non cambierà nulla!”
Gli obiettivi di queste dimostrazioni sono chiari: “Sono autentiche richieste di lavoro e miglioramento delle condizioni di vita. Nulla a che vedere con fatti religiosi!” ci aveva detto. Questa sua affermazione viene anche confermata dal giornalista di The Independent, Robert Fisk, che vede per la prima volta una protesta priva di slogan anti-Occidente e unicamente indirizzata ad eliminare il regime di Hosni Mubarak. Una protesta, quindi, contro la povertà, la corruzione, la tortura e la disoccupazione.
Alla domanda su come vedeva il futuro dell’Egitto, Annarita aveva esitato: “Conoscendoli un po’, credo che tra un paio di settimane tutto si calmerà. E’ un popolo pacifico e dedito alla rassegnazione. E soprattutto non è unito. Questi scontri avranno il solo benificio di averli fatti sentire uniti. E l’Egitto ne aveva bisogno”.
Ieri notte tutto è cambiato. La gente si è chiusa in casa. I capifamiglia hanno organizzando delle ronde insieme ai condomini del palazzo o ai vicini del quartiere. La polizia è sparita e in giro sono rimasti solo militari, manifestanti e sciacalli.
“Non possiamo uscire di casa, fare la spese e le cose che fino a poche ore fa facevamo normalmente” ci dice Annarita. “Nulla di quello che vi ho detto giovedì scorso ha un senso in questo momento” continua. Annarita ci conferma che la maggior parte degli italiani e degli stranieri sono già partiti con mezzi privati. La tensione è aumentata quando si è saputo che dalle carceri sono evasi migliaia di detenuti. A tal proposito Al Jazeera ha citato ieri sera l’sms di un utente, che diceva di aver già visto in altri Paesi il regime liberare le bande di criminali per terrorizzare la popolazione ed i manifestanti. Ci chiediamo se ciò avvenga anche in Egitto.
“Sono qui a casa con mia figlia e cerco di fare il possibile per non allarmarla” ci racconta con la voce che le trema. “Giochiamo al gioco del bastone: mio marito e gli altri vicini scendono a turno con delle spranghe per controllare l’entrata del condominio”. Nel palazzo di Annarita ci sono ancora alcuni stranieri e la paura che possa essere preso di mira dai delinquenti è tanta.
“Si sentono continuamente spari. Non ci posso credere. Nessuno se lo aspettava!” Chissà dunque come si evolverà la situazione e come questa seconda intervista potrà trovare o meno nuovamente conferma domani.
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