SUD AMERICA/La Cina vuole arrivare sull’Atlantico?

La globalizzazione ha messo in moto una serie di trasformazioni e nuovi equilibri tra Stati che si stanno indirizzando sempre più verso una collaborazione sud-sud, cambiando la geografia politica ed economica del mondo attuale. Mentre, fino ad ora, l’attenzione dei Paesi emergenti era rivolta al cosiddetto mondo occidentale, e cioè verso Stati Uniti ed Europa, oggi si assiste sempre più a progetti che si muovono in diversa direzione, collegando tra loro Paesi che prima d’ora non avevano legami apparenti e che stanno avviando collaborazioni originali e innovative, oltre che potenzialmente concorrenziali per i modelli attualmente dominanti. Si tratta di rapporti che tracciano le fondamenta di un nuovo futuro assetto mondiale, del quale dobbiamo essere consapevoli per non esserne tagliati fuori.

Il legame tra Cina e alcuni Paesi dell’America Latina si è decisamente consolidato nel decennio 2010-2011: il gigante asiatico assorbe il 24,5% dell’export cileno (contro l’11,5 per cento di cinque anni fa), il 17% di quello brasiliano (contro il 6 per cento) e il 12% di quello del Perù. Alcune notizie interessanti sull’attivismo cinese in America Latina, sono emerse di recente sulle pagine dei principali quotidiani internazionali, come quello pubblicato dal Financial Times a firma di Luis Alberto Moreno, Presidente del Banco Interamericano di Sviluppo.

Ma quali sono i segni concreti di questo processo? Ad esempio, alcune imprese cinesi, sostenute dalla Banca cinese per lo sviluppo, stanno considerando l’ipotesi di un mega-progetto ferroviario che colleghi la costa pacifica della Colombia con quella atlantica, nel mar dei Caraibi. Una linea di qualche centinaio di chilometri che farebbe concorrenza al canale di Panama, arteria fondamentale del commercio mondiale, il cui allargamento è stato da poco affidato a un consorzio italo-spagnolo. Due grandi porti dovrebbero sorgere agli estremi del collegamento. Una manna per le imprese di costruzioni, con costi di realizzazione stimati intorno agli 8 miliardi di dollari.

Inoltre, il tracciato del rally trans-amazzonico, da Nazca in Perù a Rio Blanco in Brasile, potrebbe essere trasformato in un grande corridoio stradale interoceanico in mezzo alla foresta e sui picchi delle Ande. A che servirebbe? Sempre agli interessi cinesi e a un collegamento rapido tra i due BRIC, acronimo di Brasile-Russia-India-Cina, ossia i rappresentanti delle economie emergenti alla ricerca di nuovi assetti, per ora solo commerciali.

Infine, dopo le recenti fusioni della London Stock Exchange (cui fa capo Milano) con la borsa di Toronto, e quella tra New York Stock Exchange e Deutsche Borse, viene annunciata una joint-venture tra Borsa di Shanghai e Bovespa, che controlla quella brasiliana. L’accordo è destinato per ora a facilitare solo scambio di informazioni e valutazione di opportunità di business, ma rappresenta un chiaro segnale di interesse reciproco di due dei mercati finanziari più interessanti degli ultimi anni, entrambi con tassi di crescita tra i più alti al mondo.
Il quadro si potrebbe completare più a sud con il progetto, già presentato, di un corridoio ferroviario trans-andino che unisca il porto cileno di Valparaiso con la capitale argentina, Buenos Aires.

La Cina è già il primo partner commerciale di Brasile, Perù e Cile. Con altri Paesi della regione ci siamo quasi. La fame di materie prime prodotte o estratte in America Latina e necessarie all’industria cinese in grande espansione (rame, ferro, molibdeno, soia e quant’altro) si incrocia con l’esportazione di prodotti a basso costo, realizzati in Cina, ideali per i consumatori delle economie in crescita del Sudamerica. Il rapporto tra le due regioni appare quindi sempre più stretto e strategico, grazie a flussi di scambio di beni primari e prodotti finiti di reciproco interesse. Flussi che, come si può notare, tagliano completamente fuori i mercati più sviluppati del nord del mondo.
L’espansione e il miglioramento delle reti di trasporto di questi beni tra Pacifico e Atlantico rappresenta quindi un aspetto prioritario nelle politiche di sviluppo cinesi ed è visto con favore dai Paesi latinoamericani, che guardano con crescente attenzione all’Asia.

Si tratta per il momento più che altro di sogni un po’ visionari e non sembra che vi sia nulla di concreto sulla carta, figuriamoci la posa di una prima pietra. Il collegamento interoceanico colombiano non appare concorrenziale rispetto al transito delle navi per il Canale di Panama, che non richiedono operazioni di carico e scarico necessari al trasporto intermodale marittimo/ferroviario. Anche l’idea di attraversare con un’autostrada l’Amazzonia per 2.500 km appare un’impresa a dir poco ardua, così come scavare un tunnel di 52 km nelle viscere dell’Aconcagua, il monte più alto del Sudamerica, per creare il corridoio ferroviario trans-andino. Infine, le Borse si sono associate ma non ancora fuse.

L’intensità degli scambi, però, e la forza della crescita possono portare a realizzare opere impensate. In fondo, non furono espresse le stesse riserve quando si pensò per la prima volta al Canale di Suez, alla diga di Assuan o alla ferrovia sotto la Manica?

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