

Conosco Rania Hammad da quando, bambina, sovente seguiva il padre (un diplomatico palestinese molto attivo per la pace) nei suoi dibattiti in mezza Italia. Sono passati una trentina di anni poco più poco meno, nei quali si è laureata in Scienze Politiche e ha conseguito un Master in Relazioni Internazionali, ha insegnato Relazioni Internazionali alla S. John’s University, ha scritto i libri “Palestina nel cuore” e “Vita tua Vita mea” (Sinnos ed), si è sposata, ha avuto due figlie. Ha militato – e continua tuttora – per il suo Paese e per la pace nel suo Paese; ha respirato da subito l’aria del mondo e lo ha percorso.
Ma le è rimasto uguale quel modo di guardare che sembra giudicarti e al contempo chiederti cosa pensi di lei. Scrive molto bene (italiano, arabo, inglese), ha anche firmato la prefazione al mio libro “L’incantesimo dei tanti mondi – Conversazioni con Vincenzo Parma”. Eppure ogni volta, parlando di libri ti chiede, con un’espressione seria seria: “Davvero pensi che io non sia così male??!”
No, Rania. Proprio no. Anzi, il contrario.
Così, quando mi ha mandato da leggere queste sue riflessioni, di slancio le ho proposte alla direttrice Silvia Dogliani, che le ha subito approvate.
Eccole.
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