Roma. “…Non mi piace suonare il contrabbasso/ né cercare un po’ di gloria nel successo/ non mi piace girare col maglione/ tanto meno cantare nei night club./ io vado in banca/ stipendio fisso/ così mi piazzo/ e non se ne parla più…”: era il 1966, I Gufi evocavano una società rassegnata che scambiava le rinunce per saggezza.
Ma di lì a poco il ’68 avrebbe sventrato le vagonate di ipocrisia, il re sarebbe stato nudo e Ulisse – mito fondante d’Europa – avrebbe ripreso a varcare colonne.
Adesso l’incubo del piccolo-è-bello torna a incombere: piccoli Stati economie culture progetti, e piccoli sogni ovviamente. Cosa ci salverà adesso?