Il 28 giugno, alla Maison Européenne de la Photographie di Parigi, è stata inaugurata la grande mostra Ombre di guerra. Novanta icone della fotografia internazionale riunite per stimolare reazioni e richiamare l’attenzione sulla follia della guerra, tutt’altro che in ombra.
LA MIA VERITÀ - Mi sono chiesta se fosse “rischioso” trattare temi di guerra in tempo d’estate…Forse no. Forse, approfittando del relax di agosto, avremo il tempo di pensare a come agire per il nostro meglio e per quello degli altri. Voi cosa ne pensate?
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La scrittrice statunitense Susan Sontag sosteneva che “una fotografia non può costringere. Non può svolgere il lavoro morale al posto nostro. Ma ci può mettere sulla buona strada”. Ed è proprio questo l’obiettivo della mostra: fotografare la guerra diventa un modo per parlare di civiltà attraverso la sua negazione.
E’ difficile rimanere impassibili di fronte a un così doloroso percorso visivo. L’istinto porta a coprirsi gli occhi, a rivolgere lo sguardo altrove lontano da quelle immagini in grado di costruire un rapporto diretto con la sofferenza. Si parla di settant’anni di guerre, dalla Spagna del 1936 al Libano del 2006. Conflitti dunque noti, trattati dai media spesso in tempo reale. Ma questo non basta. Radio e televisione non sono riuscite a colpire nel profondo tanto quanto le fotografie in mostra, e le reazioni turbate dei visitatori ne sono l’esempio.
Per gli organizzatori – l’Agenzia Contrasto insieme alla Fondazione Veronesi e in collaborazione con la Maison Européenne de la Photographie – il punto di partenza è proprio rappresentato dall’afflizione suscitata dalle fotografie.
Le istantanee di questo mondo così inospitale devono indurre a immaginare come potrebbe essere un mondo migliore o, per lo meno, un mondo meno peggiore.
Info: l’esposizione, che si può visitare fino al 25 settembre, rientra nell’ambito delle iniziative legate alla terza Conferenza internazionale Science for Peace (che si terrà a Milano, il 19 e il 20 novembre 2011).