Giarre, oasi mediterranea di biodiversità e arte

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Ph. Nikhil Dafare – Unsplash

GIARRE – Tutela della biodiversità, rilancio di specie obsolete, ricerca scientifica e tecnologica per la conservazione di piante rare e la creazione di nuovi tipi, sono ragioni d’essere di Piante Faro, realtà complessa sorta 55 anni fa e articolata in varie attività, tutte autosufficienti dal punto di vista energetico e idrico, grazie ai pannelli fotovoltaici e a un sistema di raccolta delle acque piovane.

Intanto, il Vivaio: oltre 650 ettari coltivati, 800 specie vegetali e più di 5mila qualità di piante tipicamente mediterranee e/o tropicali (in parte presenti anche nella fascia centrale dell’Africa), una clientela internazionale che va dalla casa reale di Giordania (Re Abd Allah e la Regina Rania si riforniscono a Giarre per il loro giardino ad Aqaba) a quella saudita, dalla fornitura per il Museo del Louvre a quelle destinate agli stilisti Dolce & Gabbana e ad altri protagonisti delle cronache mondane come i Principi di Monaco.

Poi una serie di progetti specifici quali un campo dedicato alle piante madri da cui ricavare semi e talee fondamentali per la riproduzione delle specie, per il recupero di esemplari un tempo molto diffusi, ma ora praticamente dimenticati (come il Farfugium), per la conservazione di essenze quali Erythrina crista-galli (albero del corallo), Chorisia insignis e altre che vengono esportate in oltre 60 Paesi tra cui il Giappone.

Tra le iniziative di taglio più direttamente culturale, il Radicepura Garden Festival (proposto fin dal 2017), prima Biennale dedicata al paesaggio del Mediterraneo; quest’anno, Garden in movie, rassegna cinematografica curata da Ornella Sgroi, ha proposto il giardino quale elemento culturale, sociale, economico, identitario e ha anche ospitato un incontro con Laura Silvia Battaglia al Jalal, arabista, giornalista specializzata in Medio Oriente e Paesi arabi.

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Piante Faro, Sicilia

Infine, il parco (aperto al pubblico): 7mila varietà di piante (di cui 60 palme e 60 tipi di cactus) tutelate anche grazie alla Banca dei semi, e cespugli, bambù, fiori, alberi,  mirto, lentisco,  piante medicinali e aromatiche, ulivi e carrube millenarie e tanto altro; nonché la collezione di piante antiche e rare di proprietà della famiglia Faro.

Il Parco è disseminato di opere d’arte di diversa provenienza. Ci sono paesaggisti famosi quanto Michel Péna, presidente della Fondazione Paysages e autore del Jardin Atlantique sopra la stazione di Montparnasse a Parigi, Sarah Eberle, che ha coniato l’espressione “giardini  come rifugi emotivi” e che ai Chelsea Flower Show ha vinto più medaglie d’oro di ogni altro concorrente; James Basson, famoso per i giardini “dry” cioè per climi secchi; Antonio Perazzi, che privilegia la vegetazione spontanea o semispontanea; Andy Sturgeon, che ama unire piantagione naturale con materiali tattili e architetture leggere naturali; François Abélanet, architetto e coreografo, noto per le sue anamorfosi (cioè opere la cui forma appare corretta solamente se vista da un determinato punto: per esempio il “Qui croire“all’hotel de Ville di Parigi appare come un globo terrestre soltanto da un’angolazione specifica, da tutti gli altri punti la sagoma è distorta,  ecc. ecc.
Sfilano nel verde anche alcune creazioni di autori che in passato sono qui stati “artisti residenti” per un certo periodo: fra essi, Emilio Isgrò, Federico Boronello, Alfio Bonanno, Francesco Lauretta, Renato Leotta, Adrian Paci. Un ulteriore gruppo di opere è stato realizzato da artisti under 36, selezionati fra i partecipanti di un’apposita rassegna indetta ogni due anni.

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