Il governo francese sapeva, ma forse non abbastanza per evitare gli attacchi terroristici iniziati a Parigi alle 21.20 di venerdì 13 novembre.
Alle 13.30 circa di quello stesso giorno, alla Gare de Lyon della capitale, nel 12esimo arrondissement, accadeva qualche cosa di insolito.
Ero lì con i miei figli, quando ho visto uno gruppo di militari imbracciare i mitra e controllare l’entrata principale della stazione dei treni. A pochi metri di distanza, decine di poliziotti, che indossavano giubbotti antiproiettile, scendevano dai mezzi e correvano all’interno dell’edificio.
Giunti nell’atrio principale dove sostano i treni, sono rimasti a confabulare e poco dopo si sono divisi: c’è chi si è mescolato tra la gente, chi si è diretto verso il ristorante al primo piano, chi verso le macchine che distribuiscono i biglietti e chi, invece, è rimasto ad osservare il proprio cellulare in attesa di istruzioni.
Abbiamo avuto l’impressione che alcuni sapessero più di altri, soprattutto quando abbiamo incrociato lo sguardo di un poliziotto. Aveva in mano una fotografia stampata su un foglio di carta (forse il ritratto di un uomo sospetto? Forse di un terrorista?) e, con il collega, squadrava i viaggiatori dall’alto in basso.
Contemporaneamente una squadra di uomini in divisa è entrata nel ristorante principale e l’ha fatto evacuare: clienti, camerieri, cuochi e personale sono usciti frettolosamente lasciando il locale vuoto.
E’ in quel momento che i miei figli ed io abbiamo messo in piedi un piano di emergenza, individuando un angolo dove poterci mettere al riparo in caso di pericolo. Immediatamente dopo, un’altra scena ha catturato la nostra attenzione: tra le macchine che distribuiscono i biglietti, un giovane di statura media che indossava un giaccone blu è stato bruscamente immobilizzato e perquisito dalla polizia. Falso allarme e il ragazzo viene lasciato andare.
Poi un annuncio ha confermato i nostri sospetti: il treno delle 14.37 diretto a Marsiglia, dove dovevamo recarci, sarebbe partito in ritardo perché le forze dell’ordine dovevano effettuare dei controlli.
I nostri volti, insieme a quelli degli altri passeggeri muniti di biglietto, sono stati osservati attentamente da uomini in divisa, che erano posizionati all’entrata del binario. Quando le porte del treno si sono chiuse, i poliziotti sono spariti tra la folla.
Alla fine siamo partiti, ma i sospetti che avevamo e una strana sensazione di incertezza ci hanno accompagnato per tutto il viaggio. E solo alle 21.20 di quel tragico giorno abbiamo capito il perché.