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CINEMA/ Arabia Saudita: le donne in un mondo di uomini

Gli ultimi decenni hanno significato una vera rivoluzione per l’industria cinematografica del Medio Oriente. Una rinascita culturale che non ha però investito tutti i Paesi arabi allo stesso modo. In Arabia Saudita, per esempio, non esiste una tradizione cinematografica. Sui cinema stessi pesa un trentennale divieto che ne ha impedito finora lo sviluppo. Nel 2006, il film Keif al-Hal (“How are you?”), prodotto a Dubai, negli Emirati Arabi, ha finalmente inaugurato un’inversione di tendenza. Ma per il primo lungometraggio interamente girato in Arabia Saudita, da una regista donna, bisogna aspettare l’acclamato Wadjda di Haifaa al Mansour.

Un cast tutto locale e una distribuzione internazionale. Il film, che arriverà in Italia nella prossima stagione, è apparso in concorso nella sezione Orizzonti della 69esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia ed è stato di recente presentato al London film festival.

Haifaa al Mansour, una laurea in Letteratura presso l’Università Americana de Il Cairo e una specializzazione in cinema e regia all’Università di Sydney, è considerata una delle voci più autorevoli nel dibattito sui diritti delle donne arabe nel mondo islamico.

Protagonista della vicenda è la Wadjda del titolo, una ragazzina intraprendente di 10 anni, cresciuta in un quartiere povero di Riyadh: niente velo, Converse ai piedi e musica pop nelle orecchie. Mentre cerca la sua strada nel mondo, si scontra con una società fortemente conservatrice e maschilista, nella quale sono sempre gli altri a decidere cosa deve e non deve fare. Ma Wadjda trova il modo per riscattarsi, seppur confrontandosi con codici di comportamento rigidi e per lei paradossali.

Pur non edulcorando la radicalità delle posizioni del regime saudita, e dichiarando senza mezzi termini che sono gli uomini i responsabili della sofferenza delle donne, la regista lascia sullo sfondo le politiche sessiste per concentrarsi sul processo di crescita che investe Wadjda. Nella ragazzina c’è infatti la possibilità del cambiamento, la speranza del progresso e della libertà.

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