La vocazione di un castello è quella di difendere i suoi abitanti dalle incursioni esterne. L’estremo baluardo contro l’invasione da parte dello straniero, del nemico. Il simbolo stesso, dunque, dell’inaccessibilità e della chiusura. Ebbene dal 14 al 17 giugno scorso il Castello Svevo di Trani è stato l’esatto contrario: agorà libera e accessibile a tutti, pensatoio democratico di modi nuovi di convivenza pacifica, cuore pulsante di una comunità vasta e differente tenuta assieme dal comun denominatore del mar Mediterraneo. Stiamo parlando dei Dialoghi di Trani, fortunato appuntamento culturale che da undici anni si svolge nella cittadina pugliese. E non a caso.
LA MIA VERITÀ – I Dialoghi di Trani non sono solo una manifestazione pubblica di promozione culturale. Hanno aperto una strada. Sono il tentativo di unire l’azione alla riflessione, la pratica al pensiero.
Sin dalla sua fondazione, Trani è stata ponte tra Oriente ed Occidente, meta delle tre religioni monoteiste e riuscitissimo modello di convivenza tra musulmani, ebrei, greci e latini. Basti pensare che nel centro storico la cattedrale, la sinagoga, la moschea e la chiesa ortodossa sorgono a poca distanza l’una dall’altra. Dunque non si poteva scegliere luogo più adatto per ospitare liberi uomini del Mediterraneo riuniti ad ascoltare altri liberi uomini del Mediterraneo.
L’edizione dei Dialoghi di quest’anno – imperniata sul concetto di “cambiamento” – si è rivelata un sapiente mix di dibattiti letterari, filosofici, politici; mostre; performance musicali dal vivo e omaggi al cinema. Questa volta è toccato all’universo filmico di Luchino Visconti.
Ricco come sempre il parterre degli ospiti, tra cui l’antropologo Marc Augé, il ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca, il filosofo Massimo Cacciari, il sociologo Franco Cassano, Beppe Englaro, la scrittrice Dacia Maraini, la blogger rivelazione Sara Root, il direttore di Radio3 Marino Sinibaldi e il segretario della Fiom Maurizio Landini, solo per citarne alcuni. Ci piace anche ricordare la fruttuosa collaborazione con la rivista Micromega – che ha organizzato alcuni degli incontri tenutisi al castello. E tra le manifestazioni collaterali, la performance audiovisuale di Andrea Kunkl e Giuseppe Fanizza, sul confine della “Fortezza Europa”, con i suoi valori e i suoi popoli, e le “azioni” di riappropriazione e reinterpretazione degli spazi urbani ad opera degli architetti della provincia Barletta Andria Trani. (Anzi, auspichiamo una collaborazione tra loro e i colleghi libici, egiziani e tunisini per la ricostruzione dei territori africani devastati dalla guerra).
Nati come una manifestazione di promozione del libro e della lettura, i Dialoghi conservano naturalmente un’attenzione particolare alla parola scritta, sia essa declinata nella forma della narrativa di finzione, sia in quella della saggistica. Per questo, durante la kermesse, è stata presentata una serie di libri. Ciascuno di questi volumi, a suo modo suo, ha tentato di dare una risposta al mondo cui andiamo incontro, dopo che gli eventi politici più recenti hanno dimostrato, una volta per tutte, l’inattualità di una società dai fondamenti indiscutibili.
“Mentre mutano le nostre idee e ciò che credevamo del mondo, degli altri e di noi stessi, giovani “indignati”, a partire da istanze diverse, usano la piazza fisica e virtuale, rivendicando una società più giusta e sostenibile. Con quali energie, quali risorse, a partire da quali modelli? Le trasformazioni che si stanno verificando prendono direzioni inattese e questo provoca un disorientamento generale riguardo al futuro e a ciò che si deve fare nel presente. Quale l’approdo?”
L’Africa è ancora in fiamme, la primavera araba non è affatto conclusa e tutti noi, cittadini del Mediterraneo, dobbiamo ripensare un mondo più equo che non sia prono alla leggi del Mercato, ma pieghi esso alla democrazia e alla libertà. Un mondo a misura di uomo. L’ha spiegato bene Massimo Cacciari: “Il Mediterraneo rappresenta una grande occasione: dobbiamo solo essere in grado di coglierla e non voltare le spalle come abbiamo fatto finora. È inevitabile che il Mediterraneo avrà un ruolo centrale nella definizione di quelle direttrici di costruzione di un’identità europea”.
Dunque ripartire dal Mediterraneo. E per farlo stabilire nuove regole di convivenza che permettano la piena realizzazione di ciascuno. Questo vuol dire, quindi, dare più centralità al lavoro, nonostante o proprio a causa della grossa crisi che sta abbattendosi in questo momento. Maurizio Landini, a colloquio con il ministro Barca ha le idee chiare: “Il lavoro non è mai stato precario, poco pagato e poco rappresentato come adesso, eppure non ci sono mai stati tanti lavoratori salariati in Italia e nel mondo come ora. Il primo problema da risolvere allora è quello di estendere il modello sociale europeo lì dove manca“. Il Mediterraneo ci chiama. Siamo pronti a rispondere uniti?