14 febbraio: San Valentino, Festa degli innamorati. Una ricorrenza che, ormai perse le sue origini religiose, pagane prima e cristiane poi, si è diffusa in tutto il mondo sull’onda della globalizzazione e del consumismo. Ma non senza conflitti e resistenze.
In Europa e negli Stati Uniti la tradizione e il suo significato sono abbastanza simili ovunque: è la celebrazione dell’amore.
Spesso di importazione recente e dietro la spinta di aziende di fiori e prodotti, come in Svezia, Finlandia e Norvegia, in altri casi San Valentino si è adattata o addirittura sostituita a usanze precedenti: in Slovenia, ad esempio, il 14 febbraio segna un nuovo inizio del lavoro nei campi l’arrivo della primavera oppure in Romania è stata anticipata di 10 giorni l’analoga festa dell’amore, Dragobete (24 febbraio).
Differenze maggiori si trovano in Giappone e in Korea, dove il 14 febbraio le donne offrono giri-choco, cioccolatini tipici per l’occasione, al partner o anche a uomini della famiglia, colleghi e amici ma si conclude un mese dopo, il 14 marzo con il White day, giorno in cui gli uomini ricambiano il gesto con un altro dono.
La diffusione di questa ricorrenza, però, non è accolta ovunque senza conflitti. Nonostante abbia perso in parte la sua connotazione religiosa, infatti, è diventata una festa soprattutto commerciale, espressione di quella società dei consumi che caratterizza il mondo occidentale. Per questo nei Paesi di diversa fede e con un forte attaccamento alle proprie culture e tradizioni, San Valentino è particolarmente contrastata. In India, di fede hindu, e nei Paesi musulmani è vista come un’ulteriore sopraffazione dell’imperialismo occidentale e si teme che (anche) la diffusione di questa festa contribuisca a minare le fondamenta storiche della società. Tanto che in Iran si è arrivati a posizioni più estreme, dove è stata bandita e ritenuta illegale la produzione di oggetti e la stampa di biglietti dedicati a questa festività.