L’Italia ha un nuovo Governo, di (centro)destra, con Giorgia Meloni che diventerà il prossimo Presidente del Consiglio. Tra i tantissimi problemi che dovrà affrontare, ci sarà anche quello dell’immigrazione. L’obiettivo del suo partito, Fratelli d’Italia, è creare degli hotspot nei Paesi del Nord Africa per contrastare l’immigrazione irregolare e puntare su un’equa distribuzione dei migranti tra tutti i Paesi membri dell’Unione Europea. Le piazze italiane sono ricche di storie che emergono soltanto se hai il tempo di fermarti ad ascoltarle. Paolo Branca si è fermato ad ascoltare quella di Ahmed, un arabo immigrato da molti anni in Italia, troppi trascorsi ingiustamente dentro una prigione. Quella di Ahmad è una vicenda che dovrebbe arrivare alle orecchie non solo di cittadini diffidenti, ma anche di chi in questi giorni sta stendendo un programma di interventi e riforme per non deludere e “tradire” l’Italia.
PARS DESTRUENS
Cominciamo coi guai, le cose piacevoli le diremo nella prossima puntata, per finire in bellezza: dulcis in fundo…
A motivo di questa meravigliosa e difficile lingua araba che mi son messo a studiare circa un quarto di secolo fa, ho potuto conoscere cultura, letteratura, poesia, arte e varia umanità. Quella delle strade e delle piazze milanesi, così variopinte e talvolta preoccupanti, ma ricche di storie che emergono soltanto se hai il tempo di fermarti, di parlare, di conoscere e solidarizzare (non sempre e non con tutti) facendoti fatalmente carico delle loro necessità.
Una storia in particolare vale la pena di raccontarla. Lo chiameremo Ahmad: arabo immigrato da molti anni, ottimo tecnico ma condannato a lavorare in nero. Succede anche ai giovani italiani, il costo del lavoro è scandalosamente alto e comprensibilmente i datori di lavoro non vogliono pagare un secondo stipendio allo Stato. Male anche per i nostri giovani, ma per gli immigrati significa non poter uscire dalla clandestinità ed essere costantemente ricattati da un lato e perseguitati dall’altro.
Quelli che si danno ad attività illegali se la cavano meglio, almeno fino a che non li beccano. Il fatto strano è che Ahmad lo han beccato in un reato di ingenua generosità. Essendo sua nonna siriana, si impietosì vedendo i primi profughi fuggiti dallo sfortunato Paese mediorientale, in maggioranza donne e bambini. Non sapendo la lingua, ha fatto loro da interprete allo sportello delle ferrovie per comprare biglietti con destinazione verso altri Paesi europei.
Guai al cielo! Salvo che le forze dell’ordine identificavano soltanto lui, non i profughi che per gli accordi di Dublino, una volta individuati, ci saremmo dovuti tenere. Al suo processo ho detto al giudice e alla giuria che in fondo ci ha fatto un piacere: gruppi interi giunti in una notte a Milano dalla Sicilia hanno potuto raggiungere amici e parenti altrove, senza oneri per l’Italia. Il risultato? Una bella condanna a 11 anni come ‘scafista’ (a Milano!?!) che ha scontato per 6 anni in tre carceri diversi: due fuori città, dove sono andato sempre a trovarlo, io, unico amico, italiano e cristiano. Non risultano rappresentanti di Consolati arabi o di moschee che si sian preoccupati di lui. Ma io son nato fesso e me ne vanto.
Ora, dopo infiniti sforzi, siamo riusciti a fargli avere gli arresti domiciliari, ma può uscire solo 2 ore al giorno finché non avrà un lavoro che gli servirebbe per pagare l’alloggio e aiutare la famiglia nel Paese d’origine.
Ma chi darebbe lavoro a un ex detenuto? Eppure è un ottimo elettricista e sa fare moltissime altre cose. Ci contatti chiunque abbia una possibilità, in premio la prossima storia meno triste e a lieto fine, inshallah!