Hafez me l’aveva predetto un anno fa. “Forse, per solo un minuto della giornata, vale la pena che tu ti torturi con pensieri del tipo: “Dovrei fare un sacco di cose in più nella mia vita di quelle che sto già facendo – perché sono così dannatamente bravo”.
Ma ricorda: per solo un minuto della giornata, per tutto il resto del tuo tempo, “sarebbe meglio che tentassi piuttosto di guardare a te stesso nella maniera in cui Dio ti guarda”.
Infatti, se guardo indietro, la risposta a molte cose che cercavo l’ho avuta durante il capodanno persiano. In quel 21 marzo che celebro ogni anno con molti miei amici iraniani, nonostante io sia cristiana, mi sembrava di essere inadeguata a tutta quella umanità che si muoveva intorno a me. Ma speravo, ad essere sincera, che la lettura del libro di Hafez (il mistico poeta persiano vissuto ai primi del 1300 d.C. e di cui si leggono a caso, a mò di predizioni, i suoi componimenti, i ghazal, proprio a capodanno) mi portasse uno squarcio di verità sul futuro. Lo so, non ci dovrei credere, sono cristiana, ed è per questo che non ricorro mai alle predizioni, ai tarocchi, alla lettura delle mani.
Ma quella sera, quelle parole mi sono sembrate una stella cometa. In verità è stato così: quest’anno ho conosciuto il mio uomo, mi si è aperto un mondo, ho sofferto terribilmente, sono stata giudicata, ho pianto, ho imparato più arabo degli anni scorsi, ho viaggiato, ho sentito sulla pelle la scorticatura della guerra vissuta per interposta persona, ho pregato Cristo e Allah insieme, ho imparato ad essere meno gelosa perché tanto lui guarderà sempre anche le altre, ho desiderato di avere un figlio che non arriva, ho capito che anche le suocere possono essere simpatiche. Per farla in breve, mi sono convinta che sto in una vera e propria terra di mezzo. Eppure mi sento bene. Mi sento felice, mi sento viva.
Tante volte ho pensato perché, nonostante la difficoltà della mia relazione, io riesca a stare così in equilibrio e non mi so dare una risposta. L’unica risposta che ho trovato più vicina all’eccezionalità della mia esperienza è questa lirica di Erich Fried che spiega bene quanto la vita sia inaspettata, incalcolabile, paradossale. E quanto le nostre scelte d’amore siano tutto tranne che prevedibili. “È assurdo, dice la ragione./È quel che è, dice l’amore./È infelicità, dice il calcolo./Non è altro che dolore, dice la paura./È vano, dice il giudizio./È quel che è, dice l’amore./È ridicolo! dice l’orgoglio./È avventato, dice la presunzione./È impossibile! dice l’esperienza./È quel che è, dice l’amore”.
Buon anno da Aziza. Sarà quel che sarà.