Il film sulla scuola Bialik-Rogozin di Tel Aviv vince l’Oscar, mettendo in luce alunni speciali, educatori illuminati ed una realtà israeliana poco conosciuta.
Agli Oscar di Los Angeles 2011, l’Academy Award per il miglior film, nella categoria documentario-breve, è andato a “Strangers no more“, dei registi americani Karen Goodman e Kirk Simon.
A Tel Aviv tutti sono felici quando arriva la notizia, ma non senza un po’ d’immancabile polemica. All’uscita della scuola, i genitori sorridono pieni d’orgoglio, ma si chiedono come mai faccia così tanto scalpore l’esistenza di questa struttura scolastica, una realtà per i loro figli già dal 2005. “Hanno scoperto che anche nel nostro Paese c’è l’acqua calda?” dice un padre israeliano ad una madre russa. Poi una mamma filippina ribatte: “Se tutto il mondo arabo non fosse così in rivolta, a Los Angeles non si sarebbero accorti che qua c’è una realtà diversa”.
Il documentario di 40 minuti sulla scuola Bialik-Rogozin di Tel Aviv racconta la vita di tre alunni (Esther dal Sud Africa, Johannes dall’Etiopia, Muhammad dal Darfur), di una preside (Keren Tal) e di una maestra (Smadar Moeres). Il film, girato durante un intero anno scolastico, descrive le difficoltà affrontate dai tre bambini nel Paese che li ospita e il modo in cui insegnanti e alunni riescono a rendere la scuola una vera oasi di rinascita.
Secondo la preside Tal questo è possibile perché l’edificio scolastico, situato a sud di Tel Aviv, vicino alla grigia stazione degli autobus, è aperto a tutti gli studenti. La scuola – che copre asilo, medie e superiori – ospita 800 bambini provenienti da 48 Paesi diversi. L’obiettivo è creare un ambiente sereno per gli studenti ed offrire ai genitori la possibilità di conoscersi. E’ per questo che le porte dell’edificio rimangono aperte dalle 7 del mattino fino alle 7 di sera, offrendo colazione e pasti caldi tutti i giorni. “Vogliamo che si sentano tutti a casa”, dice Tal. “E una casa non chiude la porta all’una del pomeriggio!”
Bialik-Rogozin è da tempo un modello educativo per i bambini a rischio in tutto il Paese. La maggioranza degli studenti proviene da famiglie povere, monoparentali e ai margini della società. Ci sono figli d’immigrati dall’Etiopia, dalle Filippine, dalla Russia, rifugiati dal Sudan, arabi israeliani e israeliani di terza generazione. Una delle insegnanti rafforza nuovamente la linea guida della scuola: “Vogliamo che i nostri studenti capiscano che non ci sono differenze tra immigrati, israeliani, arabi, ebrei, musulmani e cristiani”. “Siamo tutti uguali, nessuno qui è straniero e tutti noi meritiamo uguali diritti”.
Ron Huldai, sindaco di Tel Aviv, aggiunge: “In un mondo di cinismo, alienazione e odio – dove Israele è sempre rappresentato come il Paese brutale che calpesta i diritti umani – questo film dimostra, in modo diretto ed emotivo, che in Israele c’è spazio per un mondo migliore”.