Quando mi pronuncio sulla figura della donna in Israele, le mie amiche israeliane si stupiscono sempre. “Ma cosa dici?”, ribattono subito, “Siamo ancora in pieno Medioevo!” “OK”, dico io. “Esiste una realtà d’incredibile discriminazione e sottomissione della donna, soprattutto nelle comunità più povere come in quelle ultra-religiose, ma in generale voi donne israeliane siete toste”.
A Tel Aviv le donne camminano sempre a testa alta, non si lasciano mettere i piedi in testa, e quando succede, si fanno valere. Lo vedo tutti i giorni. Alla posta, al supermercato, al volante. Se qualcosa non va, lo dicono forte e chiaro, a costo di risultare rudi e antipatiche. Non perdono occasione per dire quello che pensano. Che poi le ascoltino o meno, è un altro discorso, ma loro almeno provano a farsi sentire. Anche nel modo in cui si vestono, si vede bene che se ne fregano di quello che pensano gli altri. Che siano in carne o filiformi, sono sempre orgogliose di come sono, con indosso ciò che piace a loro, tendenzialmente comode piuttosto che eleganti. Più le guardo e noto le imperfezioni esibite con disinvoltura, più le ammiro.
“Voi non avete solo due stereotipi tra cui muoversi, la santa o la peccatrice”, riprendo io. “Siete più libere e sicure di voi stesse. Innanzitutto tramandate la discendenza ebraica ai figli e questo vi rende socialmente e psicologicamente forti, che siate credenti o meno. Il vostro ruolo è fondamentale e di grandissimo controllo. Inoltre servite nell’esercito per due anni e, per quanto io non sia d’accordo con un simile obbligo, dopo tale esperienza, non avete più timore a farvi rispettare”.
Le mie amiche continuano a dire che qui le donne vivono tra contraddizioni enormi, che si sentono parte attiva della società, ma anche bistrattate da questo mondo patriarcale. “Non basta che un ex Presidente sia condannato per stupro, per saperci rispettate”, dice Shira, “Non doveva succedere in primo luogo e basta”. Ha ragione, le leggi sono avanzate, ma la mentalità ancora no. Qui però c’è stato un processo e l’ex presidente israeliano Moshe Katsav si è presentato ed è stato giudicato colpevole per stupro e altri reati sessuali.
Per me che sono italiana, questo verdetto pare fantascienza, come se la legge potesse davvero essere uguale per tutti.
In Israele, se vuoi essere presa sul serio, non devi per forza vestirti da uomo. Ti senti libera di essere sgraziata, di cattivo umore e con qualche chilo in più. Se vuoi abortire, non diventi una strega. Puoi al tempo stesso essere madre e lavorare, anche arrivando in alto, come dimostra il censimento dell’organizzazione internazionale Catalyst, presentato all’Università di Tel Aviv il 9 Marzo 2011. Israele è al secondo posto con 15% di donne nei consigli d’amministrazione. Davanti a tutti c’è la Norvegia, con 44,2%, al terzo posto gli Stati Uniti, poi Sud Africa e Canada.
Negli ultimi 15 anni Catalyst ha studiato la correlazione tra numero di donne manager e il rendimento nel settore privato.
La conclusione è chiara. Le aziende con più donne rendono meglio. Lo dico alle mie amiche, e loro rispondono, “Se hai un compagno che crede in te e supporta le tue scelte, puoi farcela in qualunque settore, al lavoro come a casa”. “Si, è vero”, aggiungo io, ma solo se credi in te stessa, sei capace di scegliere chi ti rispetta.
3 Comments
A very interesting point of view….
Sarebbe bello sapere cosa ne pensano gli uomini delle donne israeliane
Se la “figura della donna” ha più sfaccettature, allora si crea lo spazio per il confronto tra opinioni diverse. E nel confronto, c’è spazio per potenziali cambiamenti e miglioramenti. Questo è il grande valore di un mondo in cui i sessi non sono percepiti come binari e naturali ma, piuttosto, come costruzioni sociali e individuali.
Complimenti per il bell’articolo!