(Uomo nero – Prima puntata)
Roma – Scampati a un incidente aereo e finiti su un’isola disabitata, un gruppo di bambini cerca di sopravvivere. Ralph li invita a organizzarsi in vista delle future difficoltà, ammonendo a tenere anche un fuoco acceso per richiamare l’attenzione di eventuali navi di passaggio. Jack li invita piuttosto a imporsi con la forza su altri gruppi eventualmente presenti, a combattere uniti contro un essere misterioso, incombente, minaccioso (“La Bestia”). Con il passare dei giorni, i seguaci di Ralph si assottigliano, quelli di Jack diventano sempre più numerosi; la banalissima atavica stramaledetta “paura dell’uomo nero” è sempre efficace.
Pubblicato nel 1954 negli Stati Uniti senza gran successo (circa 3mila copie vendute), “Il signore delle mosche” di William Golding, rieditato 5 anni dopo, ne vendette oltre 14 milioni e valse all’autore il Nobel per la letteratura 1983.
Chi è, l’Uomo Nero?
“E’ la risposta difensiva comune a tanti uomini e donne per neutralizzare una paura indefinita, multiforme, che sempre sale di fronte a minacce vaghe e infiltra la vita quotidiana, intacca la qualità della convivenza, riattiva fantasmi sostanzialmente dell’infanzia – primo fra tutti l’abbandono, il non sapere più chi sei”, spiega Danilo Moncada Zarbo di Monforte, psicoanalista, psicologo clinico, sessuologo, attivo tra Roma e Barcellona. “Risposta facile, convincere/si che il mostro e la minaccia siano fuori: in realtà stanno dentro ognuno di noi, ad esempio la paura dello straniero esprime quella di un nostro mondo interno non (ancora) conosciuto: un meccanismo frequente specialmente in questa fase storica in cui tutto è diventato più permeabile e apparentemente meno controllabile, confini ben compresi. Oggi possiamo infatti restare a casa e attraverso il processo di digitalizzazione trovarci dentro casa migliaia di corpi, basta un clic e sovente neppure quello perché persone ed eventi entrino senza filtro nel nostro vissuto quotidiano. Chi conosce le paure degli altri può certamente farne un utilizzo terapeutico, ma può anche manipolarli a fini di potere, personale o di gruppo o politico. Soluzione non infrequente, affidarsi a un personaggio che rievoca la figura del genitore forte, autoritario”.
Il cosiddetto Uomo Forte, che decide al posto tuo e ti esime dalla fatica di pensare. Ma, come i commercianti che continuamente dichiarano di adoperarsi per soddisfare i bisogni dei consumatori, mentre nei fatti coltivano l’emergere di nuovi bisogni, così l’Uomo Forte dichiara di voler combattere l’insicurezza, mentre le sue azioni in realtà fomentano insicurezza, diffidenza, sensazione di accerchiamento.
“Significativo che in questi ultimissimi anni i bambini abbiano paura di esseri fantastici, irreali; gli adulti invece temono i i ladri, ancora di più dei poveri. Ma lo sai che mi sono arrivate in studio persone che hanno incubi popolati dall’Uomo Nero? Non succedeva da anni”
Cosa rispondi?
“Spronandoli a capire. A capire che dietro la propria insicurezza ci sono ovviamente tanti problemi reali ma c’è una strumentalizzazione ancora maggiore, che stanno vivendo una sorta di incubo che sospende la loro capacità di giudizio.
Mi viene in mente The Nightmare, 1781, quadro di Johann Heinrich Füssli, esposto nel Detroit Institute of Arts, negli Stati Uniti. Rappresenta una donna molto pallida che piuttosto scomposta dorme (ma potrebbe essere morta, o svenuta) sul letto; sull’addome, di lato, pesa una specie di mostricciattolo, tipo gargoyle (dal nome di gocciolatoi o doccioni a forma di esseri defunti e si vedono a Notre Dame). Nell’oscurità intorno, da una tenda rossa spunta la testa di un cavallo con gli occhi sbarrati; secondo alcune leggende e tradizioni tedesche, demoni e streghe potevano arrivare a possedere coloro che dormivano soli – gli uomini ricevevano la visita di cavalli e streghe, le donne credevano di avere un rapporto con il demonio. Tra le varie interpretazioni del famoso dipinto ne spicca una legata alla sfera sessuale: quell’umanoide orribile impersona la paura del desiderio o della fantasia sessuale; oggi, potrebbe evocare anche la paura di una identità sessuale non (più) definita, certa, granitica, certa quanto in passato”.
(Seconda puntata: giovedì 16 aprile 2020)
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