
(Uomo nero – seconda puntata)
ROMA – La meraviglia del nostro tempo è che tutto può quotidianamente cambiare; spregiudicate, agili e non prevedibili, realtà inedite minano certezze plurisecolari anche consolatorie. Internet ha aperto il mondo e i Social lo hanno spalancato. Nel cortile di casa irrompono usi costumi mentalità abitudini valori diversi se non opposti; il pluralismo sfaccetta, smorza, sfuma: tutto da rivedere – comprese le categorie sessuali.
E se l’Uomo Nero (leggi la prima puntata) fosse (anche) l’idea di una identità sessuale fluida, oltre il dogma Maschio o Femmina?
“Già nel secolo scorso, i sessuologi Kinsey, Martin e Pomeroy suggerirono di ridiscutere la rigida dicotomia Etero/Omo, successivamente emersero riflessioni più articolate e all’inizio del millennio si ipotizzò una incidenza di fattori sociali, culturali e situazionali sulla sessualità individuale”, ricorda Danilo Moncada Zarbo, lo psicoterapeuta protagonista di queste puntate.
Il concetto di identità sessuale comprende oggi 5 elementi: sesso biologico o genere (dovuto ai cromosomi), identità di genere (il vissuto di appartenenza al genere maschile o femminile, o in modo ambivalente a entrambi, che può risultare non corrispondente al sesso biologico e che si forma tra i 18 mesi e i 3 anni), ruolo di genere (la percezione del proprio comportamento, se sia o meno conforme alle aspettative come una persona nata maschio o femmina dovrebbe comportarsi: ovviamente ha a che fare con i concetti di femminilità e di mascolinità vigenti in determinati periodi storici e culture), orientamento sessuale e affettivo (omosessuale o bisessuale, o eterosessuale).
Ci stiamo pian piano rendendo conto di quanto la sessualità umana sia un universo complesso.
Anche queste classifiche potrebbero non essere sufficienti?
“Una fascia di popolazione rivendica l’esigenza di nuove categorie (pansessuale, polisessuale, gender fluid, no gender…). Per rappresentare chiunque abbia una identità non conforme, è molto usato anche il termine queer, che ha perduto il significato di eccentrico e viene utilizzato per definire chi rifiuta le tradizionali categorie dell’orientamento sessuale”.

Dunque non si può più pensare all’identità sessuale come a una peculiarità innata.
“No. È piuttosto un processo in continuo divenire che tende a equilibrare i vari elementi, e nel tempo può modificarsi. Ogni persona sviluppa e vive le proprie attrazioni, fantasie e attività in modo assolutamente irripetibile: unico come il timbro di voce o l’impronta digitale”.
Come la cifra del nostro essere (in cui peraltro la sessualità rientra)
“Unico come il δαίμων di cui ci parlò Platone nel mito di Er: in ciascuno esiste una personalità, una ‘vocazione’, un ‘genio’ che ci contrassegna in modo irriducibile – il codice della nostra anima. Possiamo pure ignorarlo, ma tornerà per condizionare totalmente le nostre esperienze e far emergere il ‘me’. Perciò siamo chiamati a decifrarlo; individuare le nostre attitudini e trovare modi per realizzarle dipende, quindi, soltanto da noi”.
Il monito “Conosci te stesso” di Platone?
“Platone narra nel Simposio che inizialmente non esistevano 2 sessi, ma 3; gli umani avevano 2 facce, 4 mani, 4 gambe e 2 organi sessuali, ed erano tondi; essendo molto potenti, tentarono la scalata all’Olimpo e Zeus per punirli li separò a colpi di fulmini. Da allora, una metà cerca l’altra. Noi psicologi psicoanalisti pensiamo che la ricerca sia una metafora del percorso interno di accettazione degli elementi maschili e femminili presenti in ciascuno.
Ma il percorso verso la conoscenza di se stessi, ammonisce ancora Platone, è estremamente faticoso – significativo che a Delfi la Sfinge sovrasti il motto. Per conoscere il δαίμων, ognuno deve percorrere la propria strada e le proprie angosce. Possiamo provare, per esempio, a immaginare la sofferenza di una persona dilaniata tra il come si sente, il come vorrebbe essere e il come viene vista? Casi molto meno rari di quanto si pensi.
He-She-Me è un concetto molto importante, indica persone che rifiutano di essere catalogate in un determinato orientamento e/o ruolo sessuale. Di nuovo, la Rete è (stata) molto importante. I corpi digitalizzati possono avere caratteristiche dell’uno o dell’altro sesso, senza riconoscersi in nessuno dei due. Un corpo digitalizzato diventa fluido e si ricostituisce in vari contesti, indipendentemente dal genere di nascita. Questo genera molta paura perché fin dall’infanzia siamo obbligati ad aderire a un modello, che deve essere o bianco o nero: e quest’ultimo spesso è proprio un uomo nero”.
In che senso?
“La paura dell’Uomo Nero” diventa la paura del nero, che storicamente è il nero del sud, di una regione, di un paese, ma soprattutto di chi arriva da terre con pigmento. Anche in fondo a questa paura ci sono fantasie sessuali, perché al nero vengono attribuite qualità di potenza, forza – lui è quel che io non sono”.
(leggi la prima puntata: DoveStiamoAndando? Verso l’incubo del nuovo Uomo Nero)