La mancata qualificazione del paratleta sudafricano Oscar Pistorius ai Mondiali di Daegu (Corea del Sud) non ha in alcun modo minato la sua fama, né diminuito l’ammirazione di molti appassionati, sportivi e non. Sono proprio loro che, di fronte al suo coraggio e alla sua determinazione, lo hanno promosso a portavoce dei diritti dei disabili.
LA MIA VERITÀ – Mi inorgoglisce pensare che un atleta del calibro di Pistorius abbia scelto l’Italia (Grosseto) per allenarsi. Mi domando se la società italiana stia veramente cambiando e sappia sfruttare simili opportunità per uscire da una mediocrità dilagante e da un’inaccettabile indifferenza sociale. E voi, cosa ne pensate?
Ed è anche con questa motivazione che corre l’atleta 24enne, che intervistato subito dopo la sua prestazione, ha dichiarato di ringraziare Dio ogni giorno, di non essere in alcun modo rammaricato e di pensare già alle prossime Olimpiadi di Londra.
“Uomini come Pistorius possono gareggiare con normodotati e permettersi di perdere, superandone addirittura due”, sottolinea Marco, fratello di un atleta disabile, riferendosi alla performance nei 400 metri dello sportivo.
Se nell’Antica Grecia gli atleti erano osannati per la loro prestanza fisica e psichica, oggi sono questi esempi ad infiammare gli animi, distogliendo l’attenzione dai numerosi casi di dopping e truffe sportive.
Grazie a medici eccezionali come Ludwig Guttmann (1948) e Antonio Maglio (primi anni ‘50), che sfidarono i pregiudizi del loro tempo, lo sport da strumento di riabilitazione fisica è diventato uno strumento di trasformazione sociale.
Lara, impiegata di 40 anni, è affascinata: “questa è una storia vera di sofferenza e rinascita, in cui la vittoria è soggetta solo alla volontà del singolo di sfidare se stesso”.
L’atleta disabile impara a convivere e rispettare il proprio corpo mediante la gestione della fatica e la scoperta di nuove energie, mentre la società spezza un suo antico pregiudizio, per cui il disabile è un “soggetto da proteggere” e al quale sconsigliare ogni tipo di attività fisica, ritenuta “eccessiva per un organismo più debole”.
“Questi ragazzi ci insegnano a vivere, a non lasciarci abbattere dalle difficoltà e ad impegnarci per realizzare i nostri obiettivi senza sperare in un aiuto esterno” ci dice Liliana, fisioterapista.
Anche Gianni, non udente, 30 anni, ci ricorda che “lo sport rende i disabili persone degne di rispetto, con le stesse potenzialità e la stessa opportunità di realizzare i propri sogni”.
Anni fa il tennista Fabian Mazzei, atleta paraolimpico, aveva dichiarato d’essere convinto che “lo spirito di competizione delle persone, che sono sopravvissute a certi traumi, è di molto superiore a quello degli atleti normali” e che “quando reagisci, ti scatta dentro un meccanismo di sfida che non si può nemmeno spiegare”.
Oggi il Comitato Internazionale Paraolimpico è un’organizzazione no profit, costituita da 5 federazioni internazionali e 160 nazionali e le discipline in programma sono 20.
Mi trovo d’accordissimo con quanto scritto : certo quello che è in questione è una vera sfida.
Sfida innanzitutto all’apparenza, proprio di questi tempi in cui solo l’immagine e la forma sembra avere il sopravvento sul contenuto.
La sfida di cui si tratta nell’articolo mi interroga su quanto il desiderio, la volontà e l’impegno possano provocare un cambiamento al punto talvolta di giungere a renderci partecipi di questa esperienza: “l’impedimento “si trasforma” in giovamento”.
Condivido completamente quanto è sostenuto nell’articolo. Le persone come Oscar Pistorius ci insegnano che nella vita la forza di volontà può operare miracoli, può vincere le avversità, può farci raggiungere traguardi insperati, quasi impossibili. Il ringraziamento quotidiano a Dio di Pistorius mi commuove e mi fa comprendere come la dignità di ogni essere umano, anche se gravato da pesanti handicap, sia il valore supremo che ci deve sempre accompagnare nel corso della nostra esistenza. Al grande atleta e grande uomo Pistorius tutta la mia ammirazione e la mia stima.