Singapore. Thaipusam: trafitti per devozione

Thaipusam, processione religiosa a Singapore. Gennaio 2018. Ph. Silvia DoglianiRam è uno stock trader, un operatore di borsa, Siva è il responsabile della sicurezza di una ditta francese di petrolio. Si sono conosciuti da un amico comune. Da oltre un mese, dormono all’aperto, sotto il portico di casa, non hanno rapporti sessuali e si nutrono solo di latte, verdura e frutta.

Siamo a Singapore, la città del futuro
. Qui l’asfalto si illumina di notte, le piscine sono sospese nel vuoto, i giardini sono per lo più verticali, il sistema di monitoraggio del traffico è sinonimo di innovazione. Nella città-Stato più famosa del mondo per pulizia, ordine e sicurezza, c’è un quartiere dove la tradizione contrasta con tutto questo. Si chiama Little India ed è qui che Ram e Siva si sono dati appuntamento per partecipare alla festa Thaipusam, una processione religiosa degli indiani di etnia tamil.


All’alba del 31 gennaio, sotto la tettoia del tempio Sri Srinivasa Perumal i due amici hanno offerto il loro corpo a Murugan, il dio della guerra che rappresenta virtù, potenza e giovinezza. Mentre il suono dei tamburi rimbomba e i fumi dell’incenso li avvolge, uncini appuntiti e aste affilate trafiggono la pelle della loro lingua, guance, schiena, gambe e petto. Uno scenario surreale e drammatico allo stesso tempo. Di fronte al dolore al quale hanno scelto di sottoporsi, i due uomini rimangono impassibili. Quando, però, le forze cedono e si sentono mancare, a sorreggerli c’è un bastone decorato di fiori freschi. Di tanto in tanto le mogli tentano di distrarli, porgendo loro dell’acqua o mostrando con il cellulare un video o una foto. Il pubblico è lì, a condividere la loro sofferenza.

“E’ da venticinque anni che partecipo a questa processione”, spiega Siva, mentre amici e parenti lo circondano per il rituale della vestizione. “Quando mio padre era in ospedale in fin di vita ho chiesto aiuto al dio Murugan. Lui ha ascoltato le mie preghiere: mio padre è guarito e io vengo qui per ringraziarlo”.

Per Ram, invece, il suo coinvolgimento alla processione è una questione di lealtà e tradizione: ha preso il posto dello zio defunto che, prima di lui, partecipava ogni anno.

Su una stuoia adagiata sul pavimento sono disposti latte, frutta, incensi, piccoli contenitori e tutti gli “strumenti di tortura”. Si chiamano kavadi e sono telai metallici che vengono inseriti da mani esperte nella pelle dei fedeli. Prima del rituale della vestizione, che dura oltre un’ora, c’è quello della preghiera.

Arriva il momento di iniziare il cammino spirituale verso il tempio Sri Thendavuthapani. Siva e Ram sembrano due immensi fiori luccicanti che si muovono lentamente lungo le strade di Singapore, scortati per quattro chilometri dalle persone a loro più care. Vigili e poliziotti dirigono il traffico e rendono più agevole il cammino. I passanti si fermano ad osservarli, li incoraggiano con parole, acqua e cibo.

Finalmente i due amici raggiungono il tempio, prima uno e poi l’altro. Sono visibilmente sfiniti, ma l’attimo più magico e atteso è arrivato: ora possono donare il latte al dio Murugan e chiedere perdono e misericordia. Il loro spirito e la loro anima sono puliti. La loro missione è quasi giunta al termine. Ma c’è ancora un po’ di sofferenza da scontare: bisogna rimuovere tutti i decori, togliere uno ad uno i kavadi, sfilare gli aghi e gli uncini appuntiti e poi ci si può abbandonare in un abbraccio di gioia e pianto. Il viaggio di Siva e Ram anche quest’anno è finito.

 

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