L’attualità sta accelerando in Turchia. La divulgazione a fine febbraio di presunte conversazioni tra il primo ministro Recep Tayyip Erdoğan e suo figlio tenderebbero a provare l’entità della corruzione che non avrebbe risparmiato le più alte sfere del potere. Forse è un montaggio. Ma il fatto è che la Turchia è entrata in una zona di turbolenza, anche in vista delle amministrative del 30 marzo.
ll volto della Turchia è cambiato dall’inizio del XXI secolo. L’avvento al potere nel 2002 di un partito islamico-conservatore, l’AKP (Il Partito per la giustizia e lo sviluppo), ha segnato l’ingresso nello sviluppo politico e socio-economico di gran parte della popolazione anatolica, che finora non aveva nessuna voce .
Tuttavia, le manifestazioni di Gezi Park, nella primavera – estate 2013, hanno mostrato il divario allargato tra i giovani e i politici di tutti gli schieramenti. L’incapacità dell’opposizione di incarnare un’alternativa credibile ha creato un vuoto presto occupato dai due attori principali della politica islamico-conservatrice, l’AKP e la rete di Fethullah Gulen. Entrambi i gruppi, della stessa matrice sociologica, sono ora impegnati in uno scontro che mina le istituzioni del Paese. In queste condizioni, il futuro della Turchia è destabilizzato: tutto dipende dalla capacità delle generazioni future di incarnare questa alternativa.
Un esempio di situazione che dimostra la lontananza culturale tra i giovani e i governanti riguarda le università nell’Anatolia: gli studenti, ragazzi e ragazze, spesso condividono la stessa abitazione, ma il primo ministro intende porre fine a questa pratica, che ha suscitato irritazione nella popolazione locale.
Che motivo ha Erdoğan di incrementare questo dibattito? Ovviamente ci sono motivazioni politiche: rafforzare i legami con la sua base. Il premier sa che non può superare il 50% dei voti nelle prossime elezioni.
Ma la polemica ha anche una dimensione sociale. Come ha detto Erdoğan, c’è un malessere nei segmenti conservatori della società, soprattutto nelle città dell’Anatolia, dove sono state stabilite nuove università. Parte della popolazione lamenta il fatto che gli studenti provenienti da fuori minano l’ordine morale che regnava nelle città.
Tuttavia, il Primo Ministro non può non incolpare se stesso, perché è lui che ha creato il problema che sta affrontando oggi. L’apertura di una università in ogni capoluogo di provincia è una delle misure di cui è più orgoglioso. Prima dell’arrivo dell’ AKP al potere, c’erano 76 università in Turchia, oggi se ne contano 179. La maggior parte di queste nuove istituzioni sono emerse nei piccoli centri.
(Fonte Courrier International)