In virtù di quello che accade oggi nella Striscia di Gaza, l’Egitto avrà un ruolo fondamentale nella mediazione tra israeliani e palestinesi?
Lo chiediamo alla scrittrice Antonella Colonna Vilasi, esperta di intelligence e autrice di numerosi saggi, che in questa occasione ci propone il suo nuovo lavoro “Reportage dall’Egitto”.
Io mi auguro che lo abbia, perché nel corso degli ultimi anni l’Egitto – basti ricordare la liberazione del soldato Shalit – ha avuto una forte influenza sul territorio. Questo Paese è una sorta di pietra miliare per l’area, non solo per la sua storia e le sue tradizioni, ma anche per la sua cultura. Spero, quindi, che possa avere successo in un eventuale secondo tentativo di mediazione e pacificazione.
Il 2010 sarà ricordato come l’anno dell’inizio delle rivolte arabe, che ancora insanguinano l’area mediterranea. Il reportage di Antonella Colonna Vilasi parte dal 25 gennaio 2011, quando gli egiziani scendono per strada e si sollevano contro il regime dell’ex presidente Hosni Mubarak. Nella sua indagine, la saggista individua un importante fattore che accomuna queste rivolte, al di là della lingua o religione, ovvero la tecnica di resistenza civile utilizzata dai cittadini: oceaniche manifestazioni di piazza, scioperi, cortei, marce e autoimmolazioni dimostrative. Le proteste si sono rivelate efficienti grazie alla rete, il network, internet. La caratteristica innovativa di queste Rivoluzioni, che ne ha permesso un allargamento a macchia d’olio, è stata dunque l’uso di internet e, soprattutto, dei social-network. Twitter e Facebook hanno permesso di scavalcare le censure dei regimi, portando ad un contagio che ha superato i confini politici e geografici, anche se con esiti molto diversi nei vari Paesi mediterranei.
L’epopea della Rivoluzione di piazza Tahrir dura diciotto giorni, e, alla fine, il presidente è costretto a dimettersi. Una ribellione che lascia sul terreno oltre mille morti. Il reportage comprende interviste che vanno dalla caduta di Hosni Mubarak al governo di Mohammed Morsi, sino alla nuova salita dei militari al potere, con l’attuale generale Abdel Fattah al Sisi. Il lavoro della scrittrice è anche una valutazione socio-politica delle forze in campo, dagli shabeb, i ragazzi della piazza, ai Fratelli Musulmani, fino ai militari, inizialmente alleati della Rivoluzione e successivamente nuovi attori politici. Nelle interviste si dà voce all’Egitto umiliato e oppresso, ormai privo di dignità. La saggista racconta come un popolo riesce a riscattarsi e a riguadagnare la sua fierezza. La post-rivoluzione, con i suoi interrogativi e i suoi nuovi uomini al potere, prende forma nelle interviste, descrivendo una situazione ancora in bilico. Il Paese è in continua evoluzione e resta determinante anche per la storia e il futuro di tutta l’area, compresa la striscia di Gaza.