Futura antropologa e soave fanciulla del “Bel canto”, Valentina Volpe Andreazza ha voluto raccontare l’Europa e il Mediterraneo attraverso uno spettacolo realizzato insieme all’Abdo Buda Marconi Trio.
L’opera prende vita attraverso le note, dando forma al mitologico viaggio di Europa, la principessa fenicia, rapita dalle coste di Sidone, in Libano, da Zeus trasformatosi in un possente toro bianco che la condurrà fino all’isola di Creta. Il suo nome viaggerà dal Libano alla Grecia, poi lungo i Balcani e ancora più a Ovest, attraverso terre ricche di storia, città intrise di tradizioni e popoli distinti, uniti nella diversità, che daranno vita al ricco mosaico chiamato Europa.
Il nome di Europa si propaga, tracciando un percorso attraverso le terre abitate da una molteplicità di popoli la cui vitalità e passione ha prodotto capolavori e contrasti, grandi idee e tragici conflitti: greci ortodossi, ebrei, zingari, curdi, turchi, armeni, azeri, arabi… una miscela che, anche oggi, continua a fermentare, mantenendo intatto il crogiuolo in cui si conservano le tracce di una storia che unisce i popoli del Mediterraneo e della Mitteleuropa.
Abbiamo incontrato Valentina a Milano, durante una tappa del suo Tour.
Iniziamo a comprendere il percorso che ti ha condotto a questo progetto … qual è stata l’idea fondante che ti ha spinto a realizzarlo?
“Nasce nel periodo in cui vivevo a Bruxelles. Ho iniziato a leggere libri sul mito di Europa, anche testi usati che trovavo nei mercatini e dedicati proprio al Mediterraneo. Ero nel cuore dell’Europa, dell’Unione Europea, a Bruxelles, sentivo parlare tutte le lingue immaginabili (europee, arabe, …) e mi dicevo: anche se non ci capiamo, qui la gente comunque va d’accordo ed è bellissimo. E da lì, la mia curiosità per il nome Europa. Da dove nasce il suo significato? Ho cercato quindi notizie sul mito della principessa Europa e mi sono letta varie versioni, anche saggi di antropologia culturale (Valentina è prossima alla laurea in antropologia N.d.R)”.
E dopo aver studiato ed esserti documentata sul mito di Europa, cosa è successo?
“Tutto il mio interesse, essendo anche un mezzosoprano, si è concentrato sugli intrecci musicali oltre che culturali. Europa era una principessa fenicia, libanese e quindi mediterranea. Tutti noi nasciamo, quindi, da quel Medio Oriente tartassato e abbandonato a sé stesso invece di averne cura e rispetto, come culla della nostra civiltà. Europa nel mito compie, infatti, un viaggio per tutto il Mediterraneo, rapita da Zeus arriva a Creta e poi in Europa”.
Come sei arrivata agli intrecci musicali di cui parlavi?
“Avevo da poco terminato Contaminazioni. Migrazioni, un bellissimo lavoro realizzato con il mio maestro dell’Accademia della Scala, Annibale Rebaudengo. Il maestro mi ha fatto scoprire la musica klezmer e tutto un mondo di melodie popolari, ma anche di musica colta con modelli che si tramandano da un popolo all’altro in tutto il Mediterraneo, e nella Mitteleuropa; ad esempio Brahms, che con Zigeunerlieder riprende musiche popolari Zigane”.
Tutto ciò ti ha acceso la curiosità, arrivando a costruire un vero e proprio spettacolo. Quando e come?
“Nel 2020 sono stata contattata per aprire il Mittelfest, che si tiene a Cividale del Friuli. Il tema era l’empatia. Il direttore artistico conosce la mia sensibilità alla causa del dialogo interculturale, di quello tra i popoli in musica; questa è la mia missione artistica, il mio mantra. E in quello stesso periodo scopro l’Abdo Buda Marconi Trio e li coinvolgo nel mio sogno”.
Come sono entrati nel tuo progetto?
“Conosco Ashti Abdo grazie ad un bravissimo violinista siriano di Damasco, Alaa Arsheed, che è rifugiato politico e vive tra Amsterdam e Milano. Ashti mi ha fatto ascoltare un disco del trio e mi sono innamorata del loro modo di fare musica e anche di arrangiare i pezzi di musica popolare. Il loro spirito è molto simile al mio. Gli intrecci parlano anche delle loro provenienze: Ashti è un curdo siriano, Manuel Buda è ebreo e quindi porta tutto il suo patrimonio di musiche ebraiche e Fabio Marconi viene dal mondo della musica jazz e balcanica”.
Avete dunque iniziato a collaborare proprio in occasione dell’apertura del Festival di Cividale del Friuli …
“Sì, quando abbiamo iniziato a fare le prove c’è stata una magia: ci siamo trovati, loro hanno accolto la mia anima e la mia ricerca. Si sono messi in gioco, uscendo dal loro solito repertorio e arrangiando con me dei pezzi, adattandoli al mio mondo, che è quello classico. Stiamo portando in giro per l’Europa il nostro “spettacolo”, che va dalla tarantella di Rossini alla Villanella rinascimentale, a brani come Li Beiruth”.
Il vostro ultimo spettacolo è stato a Milano, dai ragazzi dell’associazione Il seme. Come nasce questo incontro?
“Attraverso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Il laboratorio di antropologia visiva faceva parte del mio piano di studi. Grazie alla professoressa Sara Bramani, ho conosciuto la comunità Amici del seme, che si occupa di minori non accompagnati. Insieme ai miei colleghi abbiamo raccolto le storie di questi ragazzi, che verranno proiettate a Milano a febbraio in un documentario per l’Antro-day, il giorno dedicato all’antropologia nel mondo. Ho vissuto, attraverso i loro racconti, le loro esperienze … un laboratorio di antropologia nel vero senso della parola. Abbiamo capito come questi giovani riescono, attraverso lunghe e pericolose peripezie, ad arrivare in Italia. Ho voluto quindi regalare loro la mia musica e quella dell’Abdo Buda Marconi trio per portare un po’ di spensieratezza. E loro ci hanno accolto con un calore e un’attenzione inaspettata”.