Dove stiamo andando? A farcene una ragione: niente sarà più come prima

danilomappamondointervista_640Per cercare riparo dalle ire di Diana, Atteone nipote di Cadmo fondatore di Tebe in Beozia fuggì nel bosco correndo veloce come non mai, giunto a un lago si specchiò e si avvide di essere stato trasformato in cervo, volle urlare possente il suo dolore di re ma dalla gola uscì soltanto il gemito di un animale; terrorizzato si immobilizzò, e i cani lo sbranarono.
Per provare agli amici di essere figlio di Apollo, Fetonte convinse il padre ad affidargli per un giorno il Carro del Solde, vi salì e subito fu terrorizzato dalle grandi falcate che ininterrottamente fendevano il grande vuoto; così perse il controllo del carro che all’impazzata rimbalzava fra terra e cielo, finché Zeus impietosito mandò una folgore ad abbatterlo.
(Dalle Metamorfosi, Publio Ovidio Nasone, 1 secolo a.C)

ROMA – “Muore Atteone che non accetta di essere cambiato e di lasciare il suo passato, muore Fetonte il quale non ha la forza del padre ed è spaventato della nuova responsabilità. Non a caso sono i soli personaggi, raccontati nelle Metamorfosi, a perdere la vita”, osserva lo psicoanalista Danilo Moncada-Zarbo Di Soria.

Laureato in psicologia a indirizzo clinico a La Sapienza, autore di progetti per il ricupero di minori, presidente dell’associazione Italia-Haiti riconosciuta dai rispettivi ministeri degli Esteri, Danilo vive ed esercita tra Roma e Barcellona (dove dirige lo studio di psicoterapia Ramon Berenguer el Grand).

Se ti ostini a vivere nel passato, muori. I miti greci, cui noi psicoanalisti non rinunciamo ad abbeverarci, suggeriscono questa grande chiave di lettura anche per le migrazioni: accettare il cambiamento è essenziale, vitale, tanto per chi arriva quanto per chi accoglie.
Lungo tutta la storia, moltitudini sono migrate attraverso il mondo: tragedia e sfida massima. Euripide potrebbe raccontare, o Shakespeare. Ma non ne vedo in giro”.

Oggi stiamo vivendo un’ennesima crisi, ma proprio in senso greco; scelte e decisioni urgono. Opteremo per meccanismi conosciuti, ma alla prova dei fatti inadeguati, oppure preferiremo la scoperta, la conoscenza, il colloquio – cioè il cambiamento? La domanda interpella egualmente chi arriva e chi accoglie: il più delle volte proveniamo da culture diffidenti se non ostili, ma i nostri destini sono speculari”.

Cosa vuol dire?
“Che l’idea di cambiare fa paura a tutti. Ma i musei sono per opere d’arte od oggetti fuori uso, non per le società di umani. I migranti (*) sono al bivio, alla sfida nel ridefinire un progetto di vita; hanno perso le origini del proprio mondo interiore ed esteriore, la terra madre e la lingua madre – la madre. Senz’altro non potranno pretendere di continuare a vivere come a casa; egualmente noi non potremo pretendere di continuare a vivere come se loro non esistessero. In definitiva, si tratta di tralasciare, noi e loro, un bel po’ di abitudini/tradizioni/pregiudizi, anche certezze. Per superare questa perdita dovremmo dunque, entrambi, elaborare un lutto, metabolizzare il nuovo. Se non riusciremo, scatteranno meccanismi difensivi che ci irrigidiranno e saremo – entrambi – responsabili del fallimento del processo di integrazione”.

Le maggiori difficoltà?
“Scarsità di tempo e malafede politica. All’arrivo, la loro preoccupazione prioritaria è sopravvivere, proprio fisicamente. Solitudine, esclusione, precarietà, impossibilità di comunicare esasperano ulteriormente. Solamente il contatto potrà invece avviare il meccanismo virtuoso del cambiamento reciproco. Ma noi abbiamo sovente un’aggravante anche politica: la paura-di-perdere-le-radici irrigidisce la società e sovente premia con un consenso elettorale dei programmi impostati sul rifiuto, piuttosto che sulle proposte.

Ovviamente, il primo rifiuto è per ‘l’uomo nero’. Quando gli Ottomani arrivarono alle porte di Vienna, la paura ebbe un’icona letteraria, un simbolo: il vampiro. Viveva la notte, ma all’alba automaticamente si liquefaceva. Così l’alba divenne simbolo e strumento: il sole splendente d’Europa, che uccideva il vampiro, contro la mezza luna ottomana. Quella migrazione fu certo differente in quanto indotta da fini militari e bellici, ma le similitudini con l’oggi non mancano, per esempio nel linguaggio (“è un’invasione”) e nei simboli esorcizzanti (“il crocefisso”)”.

Leggi anche i precedenti articoli sulle migrazioni:
Dove stiamo andando? A lavorare insieme
Dove stiamo andando? Verso una società plurale

(*) In questo articolo, come nei precedenti del 1 e 15 ottobre e nei prossimi, il termine migrante è usato in senso lato e letterale: indica perciò chiunque scelga di andarsene perché a una morte certa in patria preferisce una possibilità di sopravvivenza incerta all’estero

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1 Comment

  • STEFANO

    Molto interessante, il cambiamento comporta una perdita ed una nuova acquisizione. Sono stato straniero anch’io e l’ho trovato molto eccitante, curioso, carico di novità l’ho apprezzato ed osannato poi esaurito l’entusiasmo per le novità sono tornato in Italia.
    Oggi o meglio da 3anni mi trovo nella condizione di paraplegia non è stata una mia scelta e non accetto il cambiamento, non riesco, spesso cado nel passato. Soprattutto e’ accaduto in un momento molto positivo della mia vita: padre di un figlio meraviglioso di 3anni, con un buon lavoro, in attesa di trasferirci nella nuova casa, insomma sembrava che niente potesse arrestare l’onda positiva su cui eravamo. Il mio cambiamento volente o nolente coinvolge tutta la mia famiglia. L’unico che ha necessariamente dovuto cambiare le proprie abitudini non sono solo io, e diventare un peso insopportabile e’ quello che sempre più spesso mette in evidenza delle incrinature che non trovano soluzione alcuna. Lasciare la mia famiglia e’ con certezza una soluzione sbagliata. Cio’ che in casa non viene compreso e’ che accettare il mio cambiamento necessariamente comporta per tutta la famiglia accettare il proprio cambiamento non solo rispetto a me ma anche di ogni componente rispetto a loro stessi. Loro sono coinvolti nel cambiamento come lo sono io, e spesso le reazioni sono quelle di chi ancora naviga a vista, senza aver ben compreso che il cambiamento e’ questo, e’ già in atto da 3 anni e nessuno me compreso riusciamo a metabolizzato.

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