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La guerra delle donne

All’inizio ti sembra tutto bello, possibile, fattibile. Poi, un mattino, incontri gli occhi di lei, dell’altra. Fino a qualche giorno fa sembrava che ti avesse accettato, che ti stimasse, financo che ti amasse. Ma stamattina, stamattina i suoi occhi neri sono due lame di odio, due braci fumanti. «Asma, in fondo, è una moglie ferita: come ogni donna, come mille donne, ha bisogno di marcare il territorio dell’amore. Il suo e di nessun’altra».


Gloria mi parla così in camera d’albergo. È il penultimo giorno del nostro viaggio. Tutto è andato bene ma c’è una spina, una grossa spina nel fianco di Gloria. Per quanto si sia adattata e abbia accettato di essere la seconda, per quanto abbia atteso di essere accettata, sopportato di dividere il suo uomo con un’altra, per quanto sia entrata pienamente nello spirito di una cultura lontana, la natura è una realtà con cui bisogna fare i conti. E a nulla valgono i convincimenti culturali. La donna è un’animale, tanto quanto l’uomo. E se lui va a caccia per assicurare la diffusione della specie, lei difende cuccioli e territorio, per preservarla. Basta che sia solo sua.

Per dirla in breve, Asma ha cambiato atteggiamento con Gloria: le ha fatto capire che lei è la prima, le ha fatto intendere chi comanda, le ha ricordato che Gloria non ha figli e una moglie senza figli non vale nulla, le ha detto “benvenuta, ma solo perché lo decido io”. Insomma, ha inaugurato la sua personale guerra fredda con questa bionda occidentale.

Come? Con piccole cose, piccoli gesti che hanno il potere di gettare la mia amica nell’angoscia, nello sconforto, in un misto di rassegnazione atavica e di compulsività isterica.

Un paio di esempi possono valere per tutti. Quando ci si siede a tavola, non c’è occasione in cui lei non trovi un modo per poggiare la sua mano sulla spalla di lui. Asma sa benissimo che, con quel gesto, ne otterrà un altro, identico e ricambiato, dal marito. Un semplice sfioro sulla spalla al momento giusto, dopo una pietanza ben presentata, dopo un rimbrotto comune ai due pargoli: questo gesto ha il potere di scuotere Gloria assai più di un bacio. Quel tocco significa confidenza, amicizia, vita vissuta sempre insieme e d’accordo. Significa: noi siamo noi e tu sei arrivata dopo. Tu non sei una di noi.

E poi c’è sempre la lingua, strumento di offesa, quando Asma vuole. In quell’arabo che Gloria ancora non parla bene, Asma può dire a Omar cose che la fidanzata di suo marito non capirà mai, potrà dileggiarla con altre amiche mentre prendono il tè, potrà condividere con i suoi figli notizie che non riguardano “la straniera”. All’inizio Asma si era data da fare per accogliere Gloria nel suo mondo ma faceva parte del protocollo di benvenuto e dell’obbedienza che lei deve al marito, unita a una certa curiosità, alla convenienza che questa donna era lontana e non poteva interferire nel menàge familiare precedente. Poi, l’ha conosciuta, ha provato anche grande simpatia per lei ma ha capito che la futura seconda moglie di suo marito, che si fa amare da tutti e soprattutto dai suoi bambini, va messa all’angolo, bisogna isolarla. Per evitare di perdere il primato, almeno nel suo mondo.

Gloria mi dice queste cose con lucidità, come se avesse fatto un’anamnesi a tutti gli attori di questa situazione, compresa se stessa. Mi stupisce, ma non posso che darle ragione. «Le donne orientali sono delle maestre in queste strategie. Ci danno una lezione: per combattere il nemico, bisogna conoscerlo e farselo amico. Per indebolirlo e annientarlo. Lentamente, da dentro». Come Shahrazad fece con il re Shahriyar: finse di compiacerlo, salvando però quell’amore e salvando anche se stessa. Il senso dell’“inganno” orientale e della pazienza biblica – sia detto con rispetto e anche con una certa ammirazione – sta tutto qui. In quell’essere levantini che agli occidentali non piace: una sfumatura di comportamento e di pensiero che, al contrario, il grande viaggiatore Marco Polo conosceva bene.

 

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