Come saremo: informatizzati per guarire
Obiettivamente crudele, il modo con cui il covid-19 ha ammonito l’Italia sull’importanza del Servizio Sanitario Nazionale e dei medici di famiglia. Morti oltre 100mila, 300 medici, 80 infermieri, 25 farmacisti (dati a inizio marzo 2021). Un numero indefinito di lesioni fisiche e (o neurologiche più o meno permanenti). Devastati da decenni di tagli, incuria, clientelismo e malaffare, gli ospedali hanno retto all’emergenza – quando ci sono riusciti – solo ed esclusivamente grazie alla dedizione del personale sanitario.

Monica Cecconi
ROMA – “Ancora non sappiamo quando finirà la pandemia, né a maggior ragione quanto dureranno i postumi a livello fisico, neurologico, psichico, in chi è guarito”, dice Monica Cecconi, medico di base per scelta (nel suo cv compaiono specializzazioni anche in Medicina estetica e odontoiatria). “Da un lato constatiamo che generalmente si aggravano i malati cronici (tiroidei, ipertesi, diabetici…) e aumentano i tempi di ricupero per chi soffre di patologie cardiologiche e polmonari, o di allergie. Dall’altro lato assistiamo alla comparsa di sintomi neurologici quali improvvisa perdita di diottrie, pruriti, mal di testa resistente alla maggior parte dei farmaci, la cosiddetta “nebbia nel cervello”, che comporta amnesie ricorrenti, difficoltà a concentrarsi, stanchezza cronica, insonnia. Tutti sintomi che possono durare anche alcuni mesi, per poi regredire”.
Dovremo continuare per molto a portare la mascherina?
“Penso proprio di sì. La mascherina (come ben sanno nelle metropoli orientali, dove è quotidiano uso da tanti anni) ci difende, oltre che dal covid, da tutta una serie di malanni stagionali aggravati dall’inquinamento.
Dall’autunno a oggi, quasi nessuna tonsillite sinusite faringite bronchite, neppure l’influenza (anche per la maggiore adesione, a suo tempo, alla relativa vaccinazione); quasi nessuna prescrizione di mucolitici antinfiammatori antipiretici, nemmeno di antibiotici – tanto di guadagnato per contrastare la temuta resistenza. Lo abbiamo constatato sul campo io e i miei colleghi, lo confermano gli informatori scientifici e i farmacisti”.
Da più di un anno i medici di base lavorano senza sosta fino a notte tarda. Riusciremo a organizzarci per chiedervi ritmi meno inumani di fronte a future eventuali pandemie?
“Sì, se sapremo fare il salto culturale dalla terapia alla prevenzione. Ci aiuteranno una progressiva diffusione capillare della telemedicina, che tra l’altro l’Unione Europea favorisce con specifiche iniziative, e un’adeguata organizzazione territoriale, con investimenti mirati.

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Sto pensando a specifiche App in grado di mandare un’eventuale allerta allo specialista monitorando, ad esempio, malattie cardiologiche o la qualità del sonno; a congegni che a una determinata ora rilasciano farmaci o ricordano sostanze da assumere (come una borraccia che a tratti si illumina per esortare a bere acqua); a certi apparecchi già oggi utilizzati quali termometri digitali, misuratori della pressione, della frequenza cardiaca; saturimetri, glucometri.
Connessi all’intelligenza artificiale, detti IOMT (Internet of Medical Things), questi e altri strumenti potranno intercomunicare, verificare ed elaborare dati, creando sistemi intelligenti e integrati. Le nostre diagnosi saranno più precise per via del flusso di informazioni generato dal monitoraggio costante; potremo intervenire prima che il paziente arrivi alla fase acuta, il più delle volte evitando il ricovero in ospedale. Il che comporta anche un risparmio di parecchi miliardi di euro l’anno.
Di più: con l’utilizzo dei Big data e delle tecniche di Deep Learning ognuno di noi disporrà di un numero di informazioni superiore a quanto finora sia stato possibile. Sono le basi per una effettiva medicina predittiva e preventiva, anche molto tempo prima delle comparsa dei sintomi, pure per patologie moto gravi.
Tutto quel che sta scritto nel tuo DNA può essere prevenuto e corretto“.