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DoveStiamoAndando? Verso una comunicazione sociale on line

Sonia Drioli

ROMA. – “Da quando Web è diventato 2.0 un numero sempre maggiore di persone hanno preso a commentare, condividere, interagire, proporre idee; inevitabile che anche il modo di comunicare si sia modificato, via via assumendo un taglio sempre più sociale, per contenuti e per impatto. Al contempo, utilizzare al meglio la Rete si conferma requisito assolutamente prioritario, sia per le potenzialità tecniche sia per i costi moderati”, dice Sonia Drioli. Nel 2008, a Roma – con Mascia Consorte e Lilia Illuzzi, altre due professioniste della comunicazione –  fondò l’agenzia di comunicazioni SuLLeali, da subito caratterizzata per la dirigenza tutta al femminile e il taglio fortemente innovativo (con attività “guidata” sui Social Network, allora pioneristica, e il 90% delle attività espletate attraverso il telelavoro).

Laurea in Scienze Politiche a Roma, master in copyright e studi di Cooperazione allo sviluppo, Sonia vive tra l’Italia e il Marocco, dove rappresenta attualmente la ong milanese Soleterre che si occupa, nel mondo, di sviluppo umano e “salute sociale”, in Marocco soprattutto attraverso formazione e assistenza tecnica alle associazioni locali.

“Con il networking”, continua, “i messaggi sociali – Avaaz, giusto per un solo nome – raccolgono in pochi giorni milioni di consensi in tutto il mondo. E di più: se legate a un contenuto o progetto sociale, addirittura le promozioni più commerciali registrano risultati positivi”.

Le ragioni?
“Questo tipo di approccio gioca su stati emotivi nei quali a volte è difficile distinguere tra realtà e finzione, sulla curiosità per la vita degli altri, in definitiva su sentimenti, sensazioni. Condividere un post può essere un po’ l’equivalente di radunarsi in una piazza; e tra non molto tutti i messaggi passeranno attraverso Internet, anche se diffusi su altri media”.

La rete è destinata a soppiantare totalmente il lavoro tradizionale?
“Proprio completamente magari no, però offre condizioni ideali: impatto sul pubblico dilatato a mille, telelavoro che abbassa clamorosamente i costi e consente flessibilità massima, possibilità di condivisione praticamente perpetua. Peculiarità che però sono anche armi a doppio taglio. Gruppi, persone, iniziative finte possono farti credere a realtà inesistenti e indurre ad atti scellerati. Nuove “amicizie” possono catapultarti in ambienti pericolosi, non di rado movimenti terroristi. Fino a poco tempo fa, il networking era un mondo a parte; adesso è un mondo parallelo, capace di ondate di reazioni positive o negative ma in ogni caso non controllabili. Ovvio che il problema non sia lo strumento: è il suo utilizzo. Dobbiamo imparare a difenderci e insegnare ai ragazzi; questa è responsabilità delle famiglie, non basta appaltare il problema a leggi dello Stato o alla normativa degli stessi network. Io ho un figlio di 5 anni al quale cercherò di spiegare come si vive nel virtuale così come gli spiego come si vive nel reale. Meglio evitare, che so, di andare in giro alle tre di mattino in zone malfamate o di decantare i quadri belli e preziosi che hai in casa; analogamente, meglio evitare certi siti e contatti in Rete”.

Dal punto di vista delle campagne pubblicitarie quali i messaggi più incisivi?
“Innanzitutto devono essere brevi, ridotti al minimo. Oggi gli stimoli dall’esterno – siano reali e/o virtuali – sono talmente numerosi ed eterogenei che nessuno ha più tempo né voglia di lungaggini o giochi di parole. Tant’è vero che con Internet abbiamo imparato in modo direi naturale a leggere in trasversale, nel senso che i nostri occhi hanno acquisito la capacità di anticipare alcune parole delle righe successive”.

I clienti più attenti?
“Per lo più privati, anche associazioni e imprese, soprattutto le realtà medio/piccole che hanno sperimentato quanto sia faticoso farsi conoscere. C’è anche da dire che non pochi sottovalutano l’importanza di acquisire visibilità, oppure si muovono in modo autoreferenziale. Specialmente alcune associazioni o istituzioni tendono a esprimersi con un linguaggio da “addetti ai lavori”, con il risultato che, per voler dire tutto a modo proprio, sovente non li ascolta nessuno”.

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