“Il mio viaggio in Egitto è giunto al termine! E si conclude con una domanda (e una riflessione)!”

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Epoca di cambiamento o cambiamento d’epoca? Questa frase, mutuata da Papa Francesco, spiega in parte il mio minore interesse negli ultimi tempi per tante ideologie arabo-musulmane in crisi, come del resto tutte le altre che hanno furoreggiato anche in Occidente negli ultimi due secoli. Liberal-democrazia compresa, come assistiamo da tempo con crescenti sperequazioni, scandali finanziari, perdita di fiducia nelle istituzioni culminate in nuove forme durante la corrente “Pandemia”.
Cambiamenti o riforme restano spesso sul piano della retorica, senza sapersi tradurre in realtà. Tra le principali motivazioni ne sono forse la complessità dei problemi, molte contraddizioni e situazioni paradossali.
Utopiste o distopiche che siano, troppe teorie sembrano vedere della realtà soltanto ciò che conferma le loro teorie, come se il resto della realtà non esistesse.
Mi sto quindi dedicando maggiormente a studi linguistici, letterari, religiosi e artistici. Sono convinto che la permanenza (pur con infinite variazioni) di queste tipiche espressioni dell’umano debbano essere rivisitate per fondare davvero qualcosa di nuovo e ritrovare una speranza non effimera. Non certo in contrapposizione allo sviluppo di scienza e tecnologia, che tuttavia sono e restano ‘strumenti’ anche assai sofisticati, ma che senza una base umanistica finalmente declinata insieme ad esse difficilmente potrà sbloccare tante situazioni apparentemente senza uscita, almeno sul breve-medio periodo.
La gente comune, e specialmente i giovani, non sono indifferenti di fronte a tale prospettiva, purché enunciata non in forme accademiche desuete, ma come frutto di un’esperienza in fieri offerta in modalità semplici e accessibili.

Ph. Aziz Acharki – Unsplash
Troppi dati e informazioni facilmente a disposizione ci inaridiscono e ci trattengono alla mera superficie delle cose, senza diventare vere conoscenze e tantomeno una indispensabile forma di sapienza. Chi è più svantaggiato di noi talvolta ne intuisce più immediatamente il valore e vi si impegna con passione. Senza umiltà e disposizione a far fatica non si va lontano.
Ripartire dall’essenziale è forse l’unica ricetta possibile, laddove la fretta di ottenere risultati facili e garantiti inganna e porta fuori del cammino dell’umana avventura, che soltanto col tempo e con la paglia (come afferma un noto detto) può infine maturare. Niente di astruso o arzigogolato, per carità, proverbi e persino barzellette fanno parte di una millenaria saggezza popolare. Non sono affatto generi minori, anzi si basano sovente su raffinate intuizioni e su divertenti giochi semantici. Per dirla con S. Agostino, in conclusione: “Nutre la mente soltanto ciò che la rallegra”.
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Paolo Branca (Milano, 1957) è docente di Lingua e Letteratura Araba all’Università Cattolica di Milano. Laureatosi a Ca’ Foscari (Venezia) 40 anni fa con una tesi in Islamologia è specializzato nelle problematiche del rapporto Islam-mondo moderno. Nel 2011 ha fatto parte del Comitato per l’islam italiano presso il Ministero degli Interni e il Card. Angelo Scola lo ha nominato responsabile delle relazioni coi musulmani dell’Arcidiocesi di Milano durante il suo mandato. Ha pubblicato tra l’altro Voci dell’Islam moderno, Marietti, Genova 1991, Introduzione all’Islam, S. Paolo, Milano 1995, I musulmani, Il Mulino, Bologna 2000, Il Corano, Il Mulino, Bologna 2001, Yalla Italia! Le vere sfide dell’integrazione di arabi e musulmani nel nostro Paese, Edizioni Lavoro, Roma 2007 e, con Angelo Villa, La vita è un cetriolo… alla scoperta dell’umorismo arabo, Ibis, Como/Pavia 2020. Ha tradotto il romanzo del premio Nobel egiziano Nagib Mahfuz, Vicolo del Mortaio, Milano, Feltrinelli, 1989. Su FocusMéditerranée tiene la rubrica “The Mediterranean I know”.