La 25° Fiera internazionale del libro di Gerusalemme è una noia inaspettata, ma i libri non hanno colpa. Gli ultimi avvenimenti del Medi Oriente sono riusciti a trasformare questo ritrovo culturale in un appuntamento sorprendentemente ordinario.
Sono al caffè letterario con Erri De Luca, poeta e scrittore amatissimo in Israele. Qualunque sia la lingua madre dei presenti, nella platea c’è un mormorio unanime. Sono tutti annoiati. Tradurre sul posto dei versi poetici dall’italiano all’ebraico è un’impresa quasi impossibile, e, se aggiungiamo un intervistatore che non sembra voler passare il microfono all’autore italiano, beh, la frittata è servita.
“E’ una gioia infinita ascoltare Erri de Luca” dicono le signore del pubblico, “E’ l’altro (l’intervistatore israeliano) che dovrebbe parlare meno!”. Il mediatore chiede a De Luca di parlare di Napoli. La sua risposta riporta subito al Medio Oriente. “Noi napoletani ci siamo accampati sotto un vulcano e su un terreno sismico. Sappiamo che quella bellezza è una forza capricciosa che può esplodere da un momento all’altro”. Non appena l’amico di De Luca tenta di riportare il discorso su temi linguistici, Erri di nuovo si sgancia e propone un proverbio Yiddish che pare un messaggio in codice per gli eventi attuali: “E’ bene imparare a radersi sulla faccia di un altro”.
Gli organizzatori della Fiera, forse per paura di non promuovere sufficientemente i libri e i loro autori, hanno cercato di deviare dalla politica, commettendo, secondo molti, un errore. Gli scrittori e il pubblico vorrebbero parlare solo d’attualità, ma la scaletta non lo permette. Il lettore oggi non è alla ricerca di libri, ma di un’analisi rassicurante sul futuro del Medio Oriente.
Ian McEwan, autore inglese di celebri romanzi tra cui Atonement e Amsterdam, ha accettato il prestigioso Jerusalem Prize, nonostante le pressioni dall’Inghilterra a boicottare l’evento. Umberto Eco ha risposto che “Censurare degli artisti a causa dei loro governi è una forma di razzismo”. Lui è contro il boicottaggio e dice di avere “Fin troppo da dissentire col governo italiano per pronunciarsi contro quello israeliano”.
Dopo le sequenze delle folle in rivolta in Tunisia, Egitto e adesso in Libia, la Fiera internazionale di Gerusalemme incanala in sé la ricerca inconscia di un popolo, che si rivolge da sempre alla parola scritta – non all’immagine – per interpretare e conoscere la realtà. Questo è il popolo del libro per antonomasia, eppure la Fiera oggi non soddisfa, non conforta fino in fondo gli israeliani.
Questa settimana la cultura è più regolare che mai a Gerusalemme. La storia si sta compiendo nel giardino del vicino e sbirciare il presente dalle pagine di un libro non aiuta a trovare garanzie per il futuro, o “Caparre” – come dice Erri De Luca – “Anticipi robusti di vita, a contrappeso della giornata difficile che verrà”.