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Il futuro delle donne? Imparare a negoziare, negoziare tutto

WhereAreWeGoingRenata Borgato_640Milano – Il futuro delle donne? “Imparare a negoziare, renderci conto che ne abbiamo il completo diritto perché siamo soggetti contrattuali e non creature alle quali elargire graziosamente una serie di opportunità“, dice Renata Borgato. Da sempre attiva nel settore della formazione e consulenza manageriale (per lo più angolate in un’ottica di genere), Borgato insegna psicologia sociale alla facoltà di psicologia dell’università di Milano Bicocca. Ha scritto saggi, ricerche, libri; ultimo, nel 2013, “La mela avvelenata, la funzione delle fiabe nella trasmissione della cultura di genere“.

Negoziare con chi?
“Prima di tutto con se stesse, per rimuovere eventuali resistenze interne dovute essenzialmente alla nostra storia e cultura – come se dovessimo “darci il permesso” di chiedere, ecco. Accade soprattutto in numerosi Paesi del sud del mondo, ma, nei fatti, le donne non mi sembrano valorizzate nemmeno nei Paesi mediterranei, tenendo ovviamente presente la distinzione fra sponda sud e sponda nord, nonché fra i singoli Paesi. Siamo noi perciò ad avere il maggiore interesse a vedere i risultati del nostro negoziare. Del resto, succede spesso che dai soggetti più deboli partano cambiamenti forieri di benefici generali”.

Dunque negoziare con se stesse, e poi con chi altri?
“Con le altre donne; con il partner; con il datore di lavoro; con gli interlocutori istituzionali.
Tra noi, dovremmo imparare a evitare le contrapposizioni, cercando anzi possibili alternative, al di là del piacersi o meno. Secondo me gli uomini si confrontano sulla base di interessi comuni piuttosto che di simpatia e di somiglianza, fanno cordata anche quando si detestano.
Nei rapporti con il partner, comportarci da soggetti paritari implica, ad esempio, che diventi un fatto normale, oserei dire scontato, il dividersi le cure della famiglia, le faccende di casa; non c’entra, che lui sia più o meno “aperto” o “moderno” o “disponibile”.
Con i datori di lavoro, cercheremo di indurlo a riconoscere determinate esigenze magari diverse da quelle maschili, ma delle quali tutti potrebbero però avvantaggiarsi (per esempio non prolungare le riunioni oltre l’orario di lavoro) e/o a condividere criteri di premiazione nuovi (magari il raggiungimento di determinati obiettivi invece della quantità di tempo passata sul luogo di lavoro).
Agli interlocutori istituzionali, soprattutto amministratori comunali, presentiamo per lo più esigenze molto precise, per vivere la città nel modo migliore (tipo l’illuminazione di determinate zone o la distribuzione sul territorio degli  asili). A volte, la risposta può essere nuova (che so, invece di prolungare l’apertura dell’ufficio anagrafe, la possibilità di accedervi con un servizio informatico)”

Slider_440x240_negoziazioneFilo conduttore comuni ai diversi negoziati?
“Devi essere sempre consapevole che a cambiare la vita sono risultati concreti piuttosto che battaglie di principio, che il fine ultimo non è arrivare a una più equa distribuzione dell’esistente bensì ampliare le opportunità, e che la logica dell’io-vinco-tu-perdi non porta da nessuna parte”.

C’è un approccio specificamente femminile?
“Al di là di temi peculiari e suggerimenti strategici, direi che l’approccio al negoziato rimane sostanzialmente quello classico: superare la logica della contrapposizione, approfondire non tanto cosa l’interlocutore chiede ma il perché, confrontarsi su interessi reali che non di rado sono – nei fatti – opposti alle dichiarazioni di principio (sto pensando, ad esempio, a quanti vogliono chiudere le frontiere ma hanno bisogno delle bandanti), perseguire soluzioni condivise. Un percorso valido anche per qualsiasi conflitto interpersonale e/o culturale; in questo momento poi, è essenziale acquisire competenze nell’affrontare le differenze interculturali”.

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