Ci imbattiamo nell’articolo Libyan assets held by leading global banks pubblicato sul sito della BBC il 25 maggio scorso, colpiti non tanto dalle cifre da capogiro che apparterrebbero a Gheddafi e allo Stato libico e che sono state investite in fondi stranieri ora congelati, ma piuttosto dai commenti dei lettori. E se questi soldi venissero scongelati e tornassero al popolo libico? Le numerose riflessioni presenti nei 78 commenti portano proprio a porci questa semplice domanda.
“Questi soldi devono essere restituiti” scrive lordBanners, sottolineando quanto la storia ci insegni che i beni congelati normalmente spariscono nel nulla o diventano merce di scambio per acquistare armi e bombardare un Paese. Della stessa idea è anche Notfooledsteve: “Dovremmo restituire questi soldi al popolo libico per sostenere il loro cammino verso la democrazia”. Più fatalista e quasi certo su quello che accadrà a breve è invece BeachyHed: “Non è una sorpresa che le banche detengano fondi statali libici visto che, fino a qualche mese fa, la Libia veniva considerata uno Stato “riformato”. D’altronde, che succeda quello che succeda, “quel denaro continuerà ad appartenere alla Libia anche quando Gheddafi non avrà più potere”.
Anche Megan ne è convinta: “Quei soldi sono chiaramente di proprietà dei cittadini libici e saranno restituiti solo quando si deciderà come amministrare il Paese“. Il fattore temporale diventa quindi per la lettrice l’unico inconveniente. Interessante è il richiamo di Matt-stone ai progetti ambiziosi dell’ex leader libico: irrigare le aree desertiche con le acque desalinate e piantare alberi. Questi progetti sono stati sospesi e, chissà, si domanda Matt-stone, se “l’America e la Gran Bretagna li realizzeranno dopo che Gheddafi se ne sarà andato” e i suoi soldi saranno stati scongelati!
Per Farhat Omar Bengdara, vicepresidente di Unicredit, ex-governatore della Banca di Libia, sono almeno 130 i miliardi di dollari congelati nelle banche straniere. Altre fonti parlano di cifre ben più alte. Un recente rapporto pubblicato dall’ONG Global Witness conferma che la Libyan Investment Authority, il fondo sovrano del Paese di Gheddafi, avrebbe liquidità soprattutto nelle banche europee, Italia compresa.
Independnews ringrazia Youtube e Euronews per l’utilizzo di questo video
Ulteriori spunti di riflessione li troviamo anche analizzando gli investimenti libici nel capitale di importanti imprese italiane quotate in borsa. La Libia è proprietaria del 2.01% della Finmeccanica – l’impresa di difesa e aerospaziale italiana più grande per ammontare di ricavi – e questa quota è stata raggiunta niente meno che nel gennaio del 2011! Inoltre la Libia possiede più del 7% di Unicredit, e anche questa quota di proprietà è stata raggiunta nel corso del 2010. Ultimo dato interessante: la Libyan Arab Investment Company è il secondo azionista della Juventus.
Cosa fare dunque con il denaro di Gheddafi che le autorità libiche hanno depositato sia in conti correnti, sia in depositi vincolati presso banche occidentali, europee e italiane in particolare? Lasciarlo congelato e attendere la fine della guerra rischiando che sparisca nel nulla? Scongelarlo e pensare al futuro della Libia? Non è facile trovare le giuste risposte, ancora meno affrontare una delicatissima incognita: questi soldi possono essere concretamente utilizzati?
L’ipotesi di far ripartire il sistema Libia con il denaro di Gheddafi è certamente da analizzare, anche se potrebbe farci riflettere su due aspetti molto interessanti: uno etico, l’altro tecnico. Partiamo dal primo: per far ripartire il Paese è necessario appoggiare i ribelli – visto che il nuovo interlocutore politico non è più Gheddafi, ma il Cnt (Consiglio Nazionale di transizione) – e ragionare sui loro obiettivi, principalmente rivolti alla sfera commerciale. Bisogna aiutarli a finanziare l’esportazione di petrolio, l’importazione di cibo e di medicinali, ma bisogna anche dare loro la liquidità necessaria per far funzionare una macchina statale, rimettere in moto almeno una parte della Libia. Quindi, il denaro di Gheddafi servirebbe a finanziare l’operato dei “ribelli”. Un interessantissimo controsenso che l’ex raìs non apprezzerebbe affatto!
Arriviamo ora ad analizzare l’aspetto tecnico della questione. Dietro alle ipotesi di sbloccare questi fondi per far ripartire la Libia vi è un framework normativo molto complicato da affrontare e chiarire. L’inizializzazione dello scongelamento richiederebbe l’autorizzazione del titolare del conto ad utilizzare i fondi congelati depositati presso le banche occidentali. E chi può dare questa autorizzazione? Inoltre le stesse banche, che normalmente devono rispondere ai propri azionisti, dovrebbero concedere liquidità al Cnt, senza avere certezze sull’attendibilità del nuovo interlocutore. Chi fornisce loro le garanzie?
Mentre l’Italia e l’Occidente avanzano ipotesi, riflessioni e cercano di trovare le giuste risposte a queste domande, i ribelli continuano a chiedere aiuti economici e umanitari, il tempo scorre velocemente e le aree desertiche della Libia più che di acqua desalinata e alberi continueranno ad essere colme di morte. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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