La nuova edizione della “Classifica mondiale della libertà di stampa” di Reporters sans frontières è stata pubblicata il 12 febbraio scorso. Di seguito l’estratto dedicato al Medio Oriente, una delle aree più pericolose per i giornalisti.
Conseguenze pesanti per la libertà di informazione a causa della crisi in Medio Oriente: la Siria è uno dei Paesi al mondo più pericolosi per i giornalisti. L’anno 2013 è stato caratterizzato da un netto peggioramento della situazione della sicurezza e dalla complessità del conflitto. Più di 110 ‘attori dell’informazione’ sono stati uccisi da marzo 2011.
Vengono catturati dall’esercito regolare di Bashar al- Assad – che continua ad arrestare e uccidere quei testimoni fastidiosi che documentano il conflitto – oppure finiscono per esser presi da gruppi islamici armati nelle zone ‘liberate’ nel nord del Paese, soprattutto lo Stato Islamico dell’Iraq e lo Sham ( ISIS ). Dalla primavera del 2013, questi gruppi si sono moltiplicati e con lori i sequestri.
Nelle aree curde, le forze di sicurezza PYD (Democratic Union Party), la forza politica principale, costituiscono un ostacolo all’esercizio della libertà di informazione. Minacciati su tutti i lati, i giornalisti siriani fuggono massicciamente dal Paese. In Libano, dove i media sono strumenti di propaganda per uomini d’affari e politici, il conflitto siriano consolida la linea di frattura esistente tra i media del movimento “8 marzo” (principalmente sciita sostenuto da Iran e il regime di Damasco) da un lato, e quelli del “14 marzo” (per lo più sunniti, sostenuti dall’Arabia Saudita, contro il regime di Damasco) dall’altro.
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