“Così vedo lo spessore del vuoto”. Con questa affermazione l’artista indiano Anish Kapoor cerca di descrivere la gigantesca scultura realizzata per la prima volta per la Fabbrica del Vapore di Milano.
LA MIA VERITÀ – L’esperienza fisica ed estetica che regala merita di essere provata. Aspettiamo anche le vostre sensazioni!
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L’opera – pronta ad accogliere i visitatori – ha l’aspetto di una enorme calla lunga 57 metri, con un diametro di 3 e un’imboccatura che si estende fino ad un’altezza di 7. Percorribile all’interno, in un ambiente di semioscurità iniziale che diventa assoluta una volta raggiunta la parte centrale, Dirty Corner attraversa l’intera cattedrale della Fabbrica del Vapore.
Dopo l’incontro con gli specchi di Kapoor, proviamo ad entrare nel tunnel. Manca mezzora alla chiusura, siamo rimasti in due e possiamo goderci l’ingresso nel gigantesco cono. In biglietteria ci fanno firmare una liberatoria perché le reazioni, ci spiegano, posso essere molte e imprevedibili.
Entriamo finalmente nella Cattedrale e cominciamo ad osservare l’installazione dall’esterno. Le giriamo intorno guardandola di sottecchi, facciamo un paio di foto e ci portiamo di fronte alla grande apertura.
I nostri primi passi risuonano nella penombra. Stiamo procedendo velocemente senza accorgercene, come se il buio ci stesse risucchiando. Ci blocchiamo a metà. Mancheranno circa 30 metri al termine del tunnel, ma non riusciamo ad andare avanti. Abbiamo paura di fronte a quell’imprevedibile “nulla”. Con le mani cerchiamo un appiglio nel vuoto perché quel buco nero pronto ad inghiottirci, in effetti, ci spaventa. Siamo tentati a voltarci e a tornare sui nostri passi verso la luce, ma teniamo duro.
Riusciamo ad uscire provando un evidente senso di sollievo che si materializza in un sospiro. Come alla Besana, anche con Dirty Corner Kapoor ha centrato il punto. Il tema della materialità del vuoto, principio cardine della sua filosofia scultorea, si è concretizzato in quest’opera dal volume immenso.
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