Stefania Angarano ha sempre cercato talenti in giro per l’Egitto e oltre. La sua Mashrabia Art Gallery al Cairo si distingue da tante altre galleria d’arte per la sua autenticità e l’energia che trasmette. Quest’anno, per la prima volta, Stefania ha deciso di portare a Milano tre artiste singolari per farle conoscere a un pubblico occidentale sensibile alla fotografia: Ruwan Hamdy, Sabah Naim e Najla Said.
Ruwan Hamdy, nata nel 1995, è un’architetta e artista interdisciplinare che si è formata ad Alessandria d’Egitto. Lavora principalmente con la fotografia, applicando una varietà di approcci sperimentali come installazioni, tecniche miste, audio e visivo. È interessata all’ampia intersezione tra architettura, arte e design e trae ispirazione dalla collisione tra le questioni sociali attuali e le sue esperienze personali. Spesso mette in discussione le regole non scritte che plasmano le nostre percezioni, interazioni e comportamenti. Il suo approccio sperimentale le consente di esplorare nuovi modi di utilizzare e riutilizzare immagini e spazi. Il background architettonico di Hamdy ha condizionato la sua percezione dell’ambiente tangibile e intangibile e di come esso ci influenzi con l’obiettivo principale è quello di alterare questa percezione.
“Questo è un lavoro molto sottile, anche forse più concettuale”, spiega Angarano. “Si tratta di un’opera sugli spazi interni e la collocazione del corpo nello spazio. Tuttavia, come si può vedere, è un corpo un po’ sofferente, con questa luce crepuscolare, una cosa molto intima, dove l’evidente disagio è quello che non viene espresso a voce, ma viene poi inciso sul corpo. Queste sulla gamba, sul braccio… sono proprio incisioni, non è scrittura”.
In una delle immagini esposte c’è poi un intruso. “L’intruso è l’unico uomo. Mentre lui è in strada e se la gode seduto accanto ad un tavolino, le ragazze sono all’interno, tutte scomposte nelle loro attitudi di casalinga. In questo lavoro emerge anche una problematica sull’identità e sul genere“.
Leggi anche: Un viaggio “oltre i confini del Mediterraneo”, partendo dal MIA Photo di Milano