La musica è il linguaggio dell’anima. Parla direttamente al cuore, trasportandoci in uno stato di unione con il divino (Ibn Arabi)
Là fuori, oltre a ciò che è giusto e a ciò che è sbagliato, esiste un campo immenso. Ci incontreremo lì (Mevlana Jalaluddin Rumi)
Nel cuore del suono, c’è il segreto del mondo (Mevlana Jalaluddin Rumi)
La pace non è mai raggiunta attraverso la violenza. È raggiunta solamente attraverso la comprensione (Shaykh Suhrawardi)
È solo attraverso la comprensione reciproca, il rispetto delle differenze e la ricerca dell’armonia che possiamo sperare di realizzare la pace nel mondo (al-Ghazali)
I Sufi: del loro grandissimo messaggio di pace mai quanto oggi c’è tanto bisogno, in tutto il mondo.
Di Sufismo abbiamo parlato con Rashmi Bhatt, musicista, induista, appassionato interprete e cultore di musiche Sufi, artista eclettico che attraversa i generi più diversi, e con il professor Francesco Villano, insegnante di Storia delle religioni all’Istituto Superiore di Scienze religiose di Capua (ISSR, ramificazione della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale) Induismo e Sufismo.
Qualche problema?
“No, risponde Rashmi: a un certo livello le differenze trovano armonia, barriere e steccati saltano. Quanto a me poi, per tutta la mia vita anche i confini sono stati niente più di una convenzione”.
È nato nel Gujarat (in India), e ha studiato nel suo Paese d’origine. “A casa mia – racconta – c’era sempre musica; la mia città era immersa nel teatro, nella danza e nella musica. Ho iniziato grazie a mia sorella, stava imparando il Sitar, mancava un percussionista e mi ha incoraggiato a cominciare. La mia formazione di base sta nella musica classica indiana, nella danza e nel teatro del mio Paese”. Da allora, con strumenti armonici, Tabla e voce, l’artista propone la sua musica all’Occidente e al mondo intero.
Qualche richiamo alle origini della musica indiana?
“È legata intimamente ai cicli della natura, alle stagioni, alla notte e al giorno, ai cambiamenti della natura che influenzano l’essere umano e il suo stato d’animo. Tutta l’estetica dell’arte indiana è basata su questo rapporto tra i cicli della natura e il pathos umano. Ad esempio a ogni Luna Piena c’è un concerto, nelle campagne, dedicato alla meraviglia della luna, e ogni volta il pubblico ritrova una perfetta armonia con tutto il creato”.
Dopo un master in letteratura francese ad Auroville, Rashmi venne a Perugia con una borsa di Studio per dedicarsi alla storia dell’arte; avrebbe poi conseguito un dottorato in materia, deciso di risiedere a Roma e affiancato la cittadinanza italiana a quella indiana. Uno dei primi suoi concerti italiani fu ad Assisi, con il trombettista Marks Stockhausen, figlio di Karleinz, uno dei padri della musica colta contemporanea. Da allora, tournée a est ovest nord sud del mondo, e spettacoli, serate, festival. Fra gli artisti con cui si è esibito, grandi Sufi e altri nomi della scena internazionale: il cantante pakistano Nusrat Fateh Ali Khan, l’iracheno Naseer Shamma, l’afgano Daud Khan, l’ Iraniano Mohammad Iqbal, il turco Latif Bolat, e ancora il keniota Ayub Ogada, i pianisti jazz Herby Hancock e Danilo Rea, la cantante colombiana pop Shakira.
“Oggi, per me, la vera e più profonda ricerca musicale è trans-culturale. Entrare nell’anima musicale di un altro popolo, composta da emozioni, scale e grooves ritmici, per me è la passione più grande. La musica unisce, non c’è dubbio. Questa è la grande bellezza che salverà il mondo…”.
Tratti peculiari della musica Sufi del Mediterraneo?
“Le differenze riguardano soprattutto le lingue (urdu in particolare in Pakistan, dove i Sufi sono molto importanti, e farsi, arabo, turco) e anche gli strumenti. Nel Mediterraneo, di fianco alle percussioni, è molto diffuso lo Oud, strumento a corde tipico dell’area”.
Ci sono Sufi nei Paesi del Golfo?
“Certamente. In Qatar, ad esempio, ci sono parecchie realtà interessanti, nonostante il Paese sia noto principalmente come Stato petrolifero e sede di istituzioni finanziarie e culturali moderne”.
(segue la Seconda puntata)