Una israeliana e una palestinese a spasso insieme per l’Italia … Non è un sogno e neanche uno scherzo. Ma è ciò che è accaduto nelle settimane scorse: Osnat Shperling, rappresentante di Sindyanna of Galilee in Israele e Suzan Sahori, presidente della BFTA – Bethlehem Fair Trade Artisans in Palestina, con il supporto della ong italiana COSPE, hanno presentato in Italia Fair Trade Fair Peace, un progetto nato nel 2012 che auspica al dialogo attraverso il business.
Parliamo con Suzan Sahori di questa esperienza.
Questo progetto è incentrato sul commercio equo-solidale. Naturalmente l’elemento importante è l’obiettivo della “pace” attraverso la cooperazione con Sindyanna of Galelee in Israele, che, insieme all’italiana COSPE, lo sostiene. Sindyanna of Galilee è un’organizzazione mista composta da italiani, ebrei e dalla minoranza di palestinesi che vivono in Israele e che opera in favore proprio di quest’ultima. L’obiettivo è creare una sorta di “buco” nel muro che oggi, anche fisicamente, separa Israele dai Territori Occupati della Palestina. Un modo per favorire una fiducia reciproca, e quindi comprensione e dialogo tra i due popoli. Il progetto raccoglie in sé diversi elementi: quello politico, quello sociale e quello economico. Quest’ultimo è da noi ritenuto fondamentale perché si possa poi parlare degli altri due livelli. Cerchiamo di fare un lavoro diretto e di sostegno ai piccoli produttori artigiani locali. Un lavoro che va dalla formazione professionale, all’insegnamento dell’inglese e all’uso del computer. Li aggiorniamo, quindi, sulle nuove tendenze di design, sulle tecniche di produzione e operiamo anche nell’ambito del marketing. Infatti, le richieste principali che arrivano da questi piccoli produttori, che rappresentano le categorie più marginali dell’economia palestinese e spesso sono esclusi dal lavoro, sono appunto in ambito economico.
Suzan, quali sono le difficoltà a cui andate incontro ogni giorno?
Sono molteplici. Innanzitutto c’è la regola imposta dai governi, che vieta agli israeliani di recarsi in Palestina e viceversa; a meno che non si è in possesso di uno speciale permesso, che però è molto difficile da ottenere e direi che già questo è un grosso ostacolo. Altra grande difficoltà sono i rapporti anche con i nostri stessi conterranei, poiché la nostra scelta di lavorare con degli israeliani non è vista bene e in alcuni casi siamo anche sospettati di collaborazionismo con Israele. L’iniziativa, naturalmente, è penalizzata anche da questo. E’ con molta fatica che riusciamo a far comprendere che il nostro progetto cerca la pace e non il sospetto. A fronte di questo, siamo sempre più convinti che il nostro percorso sia quello giusto, sia per il valore che ci anima – che è quello della pace, ma non una pace qualunque, ma una “real peace” -, sia perché siamo certi che le persone comuni con cui operiamo davvero vogliano la pace.
La Sindyanna of Galilee è una delle poche organizzazioni esistenti in Israele composta da un gruppo misto di ebrei e arabi. Si occupa principalmente dell’inserimento al lavoro delle donne, coloro che hanno maggiori difficoltà in quanto spesso sfruttate e mal pagate. Ne abbiamo parlato con Oshnat Shperling, rappresentante dell’organizzazione.
Lo sforzo principale della Sindyanna of Galelee è quello di creare un ponte fra le due parti, che in qualche modo va controcorrente. I governi tendono a frazionare le popolazioni creando una frattura sempre più grande. Infatti ebrei e arabi hanno un sistema diverso di istruzione, educazione, leggono differenti giornali … Con il nostro progetto cerchiamo di privilegiare le donne. La disoccupazione femminile è molto alta (80% circa), così come è basso il livello di istruzione. Questo è dovuto da un lato alla forma patriarcale e tradizionalista della società palestinese, dall’altro alle politiche discriminatorie dello stato israeliano, sia legislative, sia amministrative. Tali politiche prevedono per i palestinesi delle forme diverse di accesso all’istruzione e al lavoro rispetto agli ebrei israeliani. Chi soffre maggiormente questa discriminazione è la donna. Avendo necessità di lavorare, perché uno stipendio non basta – ricordiamo che il costo della vita in Israele è pari a quello dell’Italia –, è esposta a maggiori rischi di sfruttamento . Quello che la nostra organizzazione cerca di fare attraverso Fair Trade Fair Peace è garantire a queste donne uno stipendio adeguato e soprattutto di avere un lavoro.
L’economia locale ha risentito e risente dell’instabilità politica e sociale che sta interessando il Medio Oriente e il Nord Africa?
Le conseguenze a questa situazione sono molto negative. Il livello di sicurezza è aumentato e questo ha avuto un effetto domino su tutti i Paesi dell’area, tenendo conto che dei problemi già esistevano, e quindi molte agenzie hanno annullato i viaggi e di conseguenza c’è stata una riduzione anche del volume d’affari di tutto l’indotto turistico. Il problema principale è, però, che non si vede uno sforzo da parte delle forze politiche di trovare degli accordi che conducano alla pace. Ciò a partire dai nostri governi palestinese e Israeliano, sino ad arrivare all’Unione Europea e gli Stati Uniti, che non stanno facendo molto da questo punto di vista. L’Unione europea promuove tanti progetti. Il nostro, per esempio, è finanziato proprio dalla UE, ma questo non è assolutamente sufficiente. Cioè che sarebbe necessario e auspicabile è, invece, un’azione politica della stessa Unione europea che potrebbe portare finalmente degli effetti più significativi.
Quali sono i vostri progetti futuri?
Sicuramente continueremo la nostra sfida contro lo scetticismo che ci circonda. E il prossimo obiettivo sarà quello di esportare i nostri prodotti oltre che in Italia, in tutta Europa e poi chissà … Inoltre, con il COSPE stiamo cercando di far partire una linea di artigianato artistico (e quindi non solo utensileria) e di aumentare il bacino dei beneficiari concentrandoci maggiormente sul lavoro dei disabili, che sono già parte del progetto. Ma vorremmo integrare meglio il loro lavoro e promuovere sempre di più la sicurezza sul lavoro sulla sponda palestinese.
Qui di seguito i link dei luoghi dove troverete i prodotti di Fair Trade Fair Peace:
COSPE, Firenze, tel. 055473556, [email protected], www.cospe.org
sud: Cooperativa Sud Sud, Lecce, tel. 330976464, [email protected], www.solidariadirezionesud.org
centro: REES Marche, Ancona, tel. 3401223544, [email protected]
nord: Cooperativa Ex Aequo, Bologna, tel. 051233588, [email protected], www.exaequo.bo.it