MIA Fair, la fotografia torna a Milano

Mia Fair-Ph. Silvia Dogliani_640
Mia Fair, Milano. Ph. Silvia Dogliani

Dal 23 al 26 marzo, MIA Fair, la fiera dedicata alla fotografia torna anche quest’anno al SUPERSTUDIO MAXI di Milano. Alla sua XII edizione, l’evento ideato da Fabio Castelli è uno spazio che raggruppa 100 espositori, 16 progetti speciali e oltre 80 gallerie principalmente italiane (solo il 30% sono straniere). Da subito notiamo che manca un percorso, un tema o un focus principale. A caratterizzare questa edizione, oltre a quella che viene nominata “Main section”, ci sono numerosi premi e progetti speciali.

Le gallerie, in particolare quelle più grandi, non si distinguono comunque per l’originalità o per la promozione di idee fresche, nuove, inusuali. C’è da cercare per trovare qualcosa di “diverso”.

Mohsen Yazdipour-Ph.Silvia Dogliani_640
Mohsen Yazdipour – MIA Fair

Underskin, Stories from Iran, è il progetto curato da Rischa Paterlini, che spicca tra gli altri, forse perché è dedicato alle storie di un Paese che, per la sua difficile situazione politica e sociale, in questi ultimi mesi ha occupato le copertine delle principali testate internazionali. La morte di Masha Amini, la giovane curda iraniana uccisa dalla polizia morale nel settembre del 2022 perché indossava male il velo, è il punto di partenza di questo lavoro, che raggruppa artisti iraniani emergenti o già affermati. Alcuni di loro risiedono ancora in Iran, altri sono fuggiti e vivono come esuli in altri angoli del mondo. Le metafore accompagnano il visitatore tra immagini ed emozioni.

Le fotografie di Mohsen Yazdipour di un tombino aperto accostata a quella di una fossa (o tomba); la foto di Ali Ahadi di un piatto visto attraverso il velo sono solo due esempi di come la fotografia racconta il proibito o spinge l’osservatore a riflettere su concetti chiave, come la democrazia e la libertà. Attraverso le loro opere, gli artisti iraniani vogliono portare avanti un messaggio: l’arte deve essere uno spazio di dialogo al servizio della contemporaneità. Eventi collaterali, come talk ( alle 15.30 e alle 18.00 di sabato 25 marzo), performance (Zoya Shokoohi), proiezioni (Power to the People, a opera di Rahim Milani) e podcast,  che coinvolgono personalità di spicco del mondo della cultura, accompagnano le immagini esposte in questa sezione.

Ali Ahadi-Ph. Silvia Dogliani_640
Ph. Ali Ahadi – MIA Fair

Reportage Beyond Reportage è un altro progetto speciale presente al MIA Fair. Curato da Emanuela Mazzonis di Pralafera, mette in luce le diverse dimensioni e sfumature che il reportage rappresenta oggi: un racconto potente di una storia normale. Ad essere raccontate attraverso le immagini sono, infatti, storie di vita, di guerra, di speranza, di libertà, di migrazioni, di disastri naturali e climatici, di sport e condivisione.

Grande attenzione anche a ciò che c’è dietro la fotografia: scultura, installazione, video e pittura dialogano con le immagini. Domenico de Chirico ha ideato la sezione Beyond Photography – Dialogue per promuovere gli artisti internazionali che hanno ideato un progetto espositivo volto a creare un legame tra fotografia e altri media.

Sono molti i fotografi che,  in questa edizione del MIA Fair, guardano avanti, spingendosi oltre al linguaggio fotografico tradizionale, verso qualcosa di più surreale. Passeggiando tra gli stand, a volte forse ci si domanda dove sia finita la “vera” fotografia.
Davide Bramante (Siracusa, 1970), con l’opera MIA MI scelta dalla serie Città ideali (Fabbrica Eos) come immagine coordinata della fiera dedicata a Milano, usa un linguaggio originale, ma rimane cauto e non esce dai confini.

Tami Bahat-Ph.Silvia Dogliani_640Girando tra gli stand a caccia di opere fuori dal comune, osserviamo con piacere che non manca la sperimentazione.
Interessanti sono i lavori dell’artista israeliana Tami Bahat, presentati dalla galleria Alta Vista Arts di Los Angeles. Le sue opere si ispirano a Rembrandt, Caravaggio, Vermeer e ai Maestri che nel loro tempo libero dipingevano le persone normali (camerieri, contadini, guardiani..). Bahat cerca di dimostrare che la bellezza è per tutti. Ritrae animali, bambini, famigliari, attori inesperti e li trasforma in arte relazionandosi con loro attraverso la fotografia. Un esempio significativo è il ritratto del nonno, che posa nudo davanti alla macchina fotografica. È seduto, avvolto nell’oscurità, e tiene in braccio un neonato, il figlio dell’artista, anche lui nudo, coperto solo da un drappo chiaro.

Patricio Reig-Lolas-Ph. Silvia Dogliani_640
Lolas, Ph. Patricio Reig

I ritratti “Lolas” di Patricio Reig (San Juan 1959) hanno vinto il premio New Post Photography. L’artista, che oggi vive e lavora a Milano, ha utilizzando metodi alternativi e nuove forme di espressione. In un vecchio studio fotografico di Barcellona ha ritrovato una scatola che conteneva lastre fotografiche con ritratti di donne. “Lolas” rappresenta un essere iconico, quello della MATER, intorno alla quale pittura, letteratura e fotografia si sono sviluppate. Le lastre sono state stampate su documenti di cui non si conosce l’origine, così da far coesistere il passato con il nostro presente.

Veronica Gaido-Ph.Silvia Dogliani_640Chiudiamo il percorso con le immagini delicate di L’amour et le divorce di Veronica Gaido è una serie che cattura l’attenzione non solo per il titolo, ma anche per come viene fotografato il corpo umano, come “spazio e strumento per esercitare la propria libertà” [Jean-Pierre Baud]. Il corpo è il nostro involucro, la nostra pelle, lo strumento per abitare la complessità del reale. Lunghe esposizioni e mosso per la danza continua “L’amour et le divorce”: lontani e vicini, incontri, separazioni, abbracci … al ritmo incessante e indomabile.

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