Rockets, le poesie taglienti di Paul Polansky dopo l’ultima guerra di Gaza

Rockets_Pail Polansky_640Luglio 2014 segna l’inizio di una recrudescenza del conflitto israelo-palestinese. La guerra non risparmia niente e nessuno, neppure le scuole dell’Onu e gli ospedali.

Paul Polansky, poeta e scrittore, da sempre impegnato per il rispetto dei diritti umani, pubblica “Rockets”, una raccolta di poesie nelle quali prende le distanze dal governo di Israele e dall’uso indiscriminato della forza.

Abbiamo intervistato l’autore in occasione della presentazione del suo libro a Roma.

Lei dice che la poesia che serve scava le coscienze. Ma può bastare?

In passato ha funzionato, io ho usato molto la poesia come strumento per attirare l’attenzione dei media. L’ho fatto ad esempio per una vicenda che riguardava gli zingari in Kossovo, ma anche per un altro grande tema, la deportazione dei Rom dalla Germania durante la seconda guerra mondiale, e ancora per i senzatetto americani, e per il modo in cui gli Stati Uniti trattano – o non trattano – questo problema, che è molto grave.

Le sue poesie sono sempre state molto controverse, taglienti, ironiche. Lo sono anche quelle contenute in quest’ultimo libro?
Sì. Io cerco di sollevare le coscienze della gente. E questo non riesce se si parla di fiori o di paesaggi o tramonti. Bisogna andare dritto al cuore dei problemi. Questa raccolta di poesie nasce proprio dopo la guerra incominciata a Gaza a luglio.

Paul Polansky_640Perché ci sia pace in Medio Oriente, lei ricorda che è necessario andare alla fonte del conflitto, alle sue cause. Ma quali sono, secondo lei, le possibili soluzioni?
I palestinesi sono stati costretti a lasciare le loro terre e le loro case a partire dal 1948 con la violenza. Non ci si può aspettare che non ci sia una forma di resistenza e l’unica risposta a questa situazione è la formazione di uno Stato dove ebrei e palestinesi possano vivere insieme.

In un’intervista lei afferma che per trovare una soluzione al problema israelo-palestinese bisogna agire senza violenza. E’ ancora possibile?
Ho parlato recentemente con dei palestinesi e ho ribadito loro che la soluzione deve essere non violenta. Loro hanno risposto facendo riferimento a Gandhi e al fatto che sia stato poi comunque ucciso. La non violenza, secondo me, deve essere l’unica strada percorribile, anche per evitare eccidi, come quelli che abbiamo visto nell’ultima guerra dell’estate appena terminata. Le mie poesie non condividono la resistenza violenta. Io credo che se Hamas avesse seguito l’esempio di Martin Luther King , adesso avrebbe il suo Stato.

L’avanzata di Daesh (Stato islamico) e quello che succede oggi in Iraq e Siria, è frutto, secondo lei, della politica internazionale dell’Occidente?
Tutti i palestinesi con cui ho parlato ritengono che le guerre, non solo quella tra Israele e Palestina, ma in generale quelle in Medio Oriente, in Iraq o Siria, sono causate dalla politica. Quindi la causa non è religiosa, ma si tratta di guerre politiche.

Ha fiducia nel nuovo Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri, Federica Mogherini? Quali sono, secondo lei, le prime mosse “europee” da fare?
Personalmente non conosco il nuovo rappresentante europeo agli Esteri, ma ho molta fiducia sul ruolo che l’Europa può e deve avere all’interno dei conflitti in corso in Medio Oriente e anche rispetto a quello tra Israele e Palestina. Proprio nei giorni scorsi c’è stata una dichiarazione dell’Unione europea nei confronti d’Israele, con la richiesta che siano messe in atto le azioni che erano state decise, o comunque promesse, per un percorso di pace.

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