Perché ci tatuiamo oggi? È un gesto d’amore, un simbolo di appartenenza, o una dichiarazione di unicità, di essere diversi da tutti gli altri?
Il Mudec di Milano ha esplorato questo fenomeno culturale e sociale attraverso un progetto espositivo che analizza il tatuaggio dal punto di vista storico, antropologico e culturale, partendo dai luoghi dove sono state rinvenute le prime testimonianze inconfutabili: il bacino del Mediterraneo.
Nel 1769, il Capitano inglese James Cook approdò a Tahiti. Fu durante questo viaggio esplorativo che Cook osservò e annotò scrupolosamente le usanze della popolazione locale e trascrisse per la prima volta la parola “Tattow” (successivamente resa come “Tattoo”), derivata dal termine “tau-tau”, un’onomatopea che evocava il suono del picchiettare del legno sull’ago, utilizzato per bucare la pelle.
Il tatuaggio, tuttavia, ha origini antichissime, risalenti a oltre 5000 anni fa. La testimonianza più remota proviene dal confine italo-austriaco, dove nel 1991, sulle Alpi Otzalet, fu rinvenuto il corpo congelato e ottimamente conservato di un uomo che gli scienziati ritengono vissuto circa 5300 anni fa. Otzi, come è stato soprannominato, presenta veri e propri tatuaggi su varie parti del corpo. Si crede che all’epoca gli abitanti della zona praticassero il tatuaggio a scopo terapeutico, per lenire i dolori.
Con il passare del tempo, il tatuaggio ha assunto altre valenze. Le pitture funerarie dell’antico Egitto mostrano tatuaggi sui corpi delle danzatrici, rinvenuti anche su alcune mummie femminili, con la testimonianza fondamentale della mummia della donna tatuata di Deir El Medina.
I Celti, ad esempio, tracciavano sulla pelle simboli delle divinità animali, quali il toro, il cinghiale, il gatto, gli uccelli e i pesci, come segno di devozione.
Presso gli antichi Romani, che credevano fermamente nella purezza del corpo umano, il tatuaggio era vietato e utilizzato esclusivamente per marchiare criminali e condannati. Solo successivamente, in seguito alle battaglie con i britannici che portavano tatuaggi come segni distintivi d’onore, alcuni soldati romani cominciarono ad ammirare la ferocia e la forza dei nemici tanto quanto i segni che portavano sul corpo. Fu così che decisero di imitarli, tatuandosi sulla pelle i propri marchi distintivi.
Fra i primi cristiani era, invece, diffusa l’usanza di ostentare la propria fede tatuandosi la croce di Cristo sulla fronte.
La mostra “Tatuaggio. Storie dal Mediterraneo”, prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e promosso dal Comune di Milano-Cultura, ripercorre la storia del tatuaggio, dalle sue origini preistoriche fino ad oggi, concentrando l’attenzione in particolare sull’area mediterranea. L’esposizione è curata da Luisa Gnecchi Ruscone e Guido Guerzoni, con la collaborazione di Jurate Francesca Piacenti.
Nel corso dei millenni, il tatuaggio ha assunto forme, significati e funzioni diverse: utilizzato volontariamente per prevenire e curare malattie, per dichiarare il proprio rango, esprimere la fede o celebrare riti di passaggio; o applicato ai prigionieri, ai disertori o ai condannati come marchio d’infamia.
Fu con Cesare Lombroso, Alexandre Lacassagne e altri “antropologi criminali” della metà del XIX e degli inizi del XX secolo che il tatuaggio venne associato ai marginali, ai carcerati e ai devianti. Nacque così il pregiudizio verso una pratica considerata primitiva e atavica, indegna dell’uomo civilizzato, fino al recente successo di massa planetario che l’ha resa socialmente accettata ed estremamente popolare.
Attraverso un allestimento scenografico multimediale e interattivo realizzato dallo studio di progettazione e design Dotdotdot, la mostra presenta una ricca documentazione di oggetti, reperti storici, strumenti, materiali sonori, videoinstallazioni, infografiche, stampe, incisioni, testi e riproduzioni provenienti da diverse istituzioni e collezioni museali, come il Museo archeologico dell’Alto Adige dedicato al ritrovamento dell’Uomo venuto dal ghiaccio e il Museo di antropologia criminale “Cesare Lombroso”, oltre a collezioni private.
In un viaggio suggestivo fra passato e presente, il tatuaggio viene raccontato come fenomeno sociale e culturale recente, ma che ci caratterizza significativamente in virtù di una tradizione antica poco conosciuta, che sarà possibile scoprire in mostra: da Ötzi, l’uomo tatuato più antico il cui corpo sia stato finora rinvenuto in stato di mummificazione naturale, fino all’epoca medievale e alla modernità, fino agli ultimi decenni.
Il percorso accompagna i visitatori in un suggestivo collage caleidoscopico di immagini, colori ed esperienze raccontate da tatuatori/tatuatrici di oggi, che introducono il pubblico alla sfaccettata realtà del tatuaggio contemporaneo e alla continua appropriazione e reinterpretazione di significati e messaggi culturali.
Info: “TATUAGGIO. Storie dal Mediterraneo“, Mudec – Museo delle Culture, Via Tortona 56, Milano. Aperto al pubblico fino al 28 luglio 2024