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Vanni Cuoghi, il mare e le sue creature volanti

 

Vanni Cuoghi, Fondali oceanici 5 (Piovra- Mont Gelé), 2021, cm 62×46, acrilico e china su carta

“Submariner” è il titolo del progetto espositivo di Vanni Cuoghi (Genova, 1966) ospitato presso l’Acquario civico di Milano. “Fondali Oceanici” è una mostra parallela dello stesso autore, articolata su 7 opere tematiche, che si inaugurerà il prossimo 7 agosto ad Ollomont, in Valle d’Aosta.

Per l’artista si tratta di due “esposizioni cugine”, perché “questo rapporto con l’acqua, con il mare, con il Mediterraneo permea tutte due le mostre; ma anche per la presenza di creature volanti sopra le vette alpine:  per i lavori dell’Acquario vediamo il Monte Bianco, il Dente del Gigante, il Cervino e altre; per l’esibizione di Ollomont ci sono proprio le vette che circondano la valle”.

Vanni Cuoghi, Fondali oceanici 4 (Rana Pescatrice- Monte Bianco), 2021, cm 62×46, acrilico e china su carta

La rassegna milanese si sviluppa in due momenti: quello già in corso prevede l’esposizione delle opere dell’artista, il secondo è una grande installazione che si inaugurerà il prossimo 3 settembre: un enorme diorama tridimensionale, che ricreerà lo studio del capitano Nemo, il mitico comandante del sottomarino Nautilus. I visitatori diventeranno parte attiva dell’opera, camminando all’interno di questa stanza, come dentro una quinta teatrale, il cui oblò si aprirà direttamente su una delle vasche dell’Acquario.
“Fondali Oceanici”, invece, è una mostra che trae ispirazione dagli abissi marini e dalle creature che li abitavano.

Abbiamo incontrato l’artista nel suo atelier milanese. Come è nata l’idea di queste mostre?
“L’idea è partita proprio ad Ollomont. Mi avevano parlato di questa località a quota 2000 metri, dove le montagne altro non sono che fondali oceanici. Qui la zolla europea ha incontrato quella africana e nello scontro sono emerse queste montagne che erano, appunto, i fondali dell’adesso Mar Ligure (Regione di nascita dell’artista). Questa scoperta, poter parlare di mare a quota 2000 metri, mi ha affascinato tantissimo. Le creature che sorvolano le cime delle montagne che ho dipinto sembrano qualcosa che riguarda il sogno, la fantasia, l’onirico, mentre altro non sono che una trasposizione figurata di quello che in realtà è successo veramente miliardi di anni fa”.

Calamaro – Mont Gelé, 2021, acquerello su carta, cm 62×46

Il tuo lavoro ha qualcosa di fantastico, di irreale ma concreto, qualcosa di impalpabile, ma che in realtà incontriamo ogni giorno…
“Si il mio lavoro è un po’ così, sembra che parli di cose fantastiche, invece è un modo per descrivere dei frammenti di realtà guardata con attenzione ed occhi nuovi. Tutto è assolutamente fabulistico, o sembra tale; attinge invece a piene mani a quello che viviamo e vediamo quotidianamente”.

Abbiamo parlato di ciò che unisce le due mostre. C’è, invece, qualcosa che le divide?
“Rispetto alla mostra dell’Acquario, i lavori di Ollomont hanno uno scopo abbastanza preciso perché sono sette (numero magico per eccellenza). L’intento ha come modalità narrativa quello di ridare una dignità strutturale e iconografica alle vette di questa terra, monti bellissimi, ma che nella storia non sono mai stati rappresentati (mentre il monte Bianco piuttosto che il Cervino appaiono su tante incisioni partendo dal 1500 sino ad arrivare ai giorni nostri), in cui tutti i viaggiatori raccontano dei passaggi che hanno fatto in valle. Quelle di Ollomont hanno iniziato ad avere una dignità iconografica soltanto di recente, con l’avvento della fotografia; ho pensato, allora, che avrei potuto farlo io. La mostra è curata da Simona Oliveti e i lavori verranno ospitati nella Casa Alpina, che era un convento dei Barnabiti”.

Vanni Cuoghi, Fondali oceanici 2 Kraken -(Dente del Gigante), 2021, cm 62×46, acrilico e china su carta copia

Quando hai iniziato a lavorare e a pensare a questo percorso espositivo?
“Quando parlammo di questa mostra non mi resi conto che stava succedendo qualcosa di veramente tremendo, mi riferisco al periodo del secondo di lockdown. Disegnare queste montagne per me è stato salvifico, perché è stato un po’ come ripercorrerle, come rifare i sentieri di montagna, i crepacci, i passaggi, … Guardavo le fotografie di questi posti e, mentre li rifacevo, era come riviverli. C’è uno scritto di Mario Merz, il quale racconta che quando è uscito dal campo di prigionia ha voluto e ha avuto bisogno di riappropriarsi della realtà andando in un campo e riempiendo dei fogli per giorni e giorni di segni. ‘Dentro quei segni – diceva – è registrata tutta la libertà che non ho avuto durante la prigionia’. Per me dentro i disegni di Ollomont c’è l’anelito alla libertà a tornare ancora a viaggiare per le montagne e a rivedere quelle vette. Quindi è stato davvero faticoso come lavoro, ma bellissimo”.

Nautilus – Morion, 2021, acquerello su carta, cm 62×46

Di fronte alle tue opere lo spettatore resta rapito. Vetta e abisso coincidono, sono la stessa cosa, dipende solo dal punto di vista.
“È come mettere in auge il concetto di sotto/sopra che potrebbe sembrare disordine, mentre invece è un ordine diverso. Nella lingua italiana viene utilizzato per sottolineare un disordine, mentre la cosa interessante è che è un ordine diverso da quello che noi pratichiamo e percorriamo quotidianamente. Quindi le creature marine che volano sulle montagne è una cosa che effettivamente c’è stata”.

Nel tuo lavoro è molto presente una lettura anche filosofica e concettuale
“La mostra dell’Acquario gioca proprio su questo tipo di frangente; riflette moltissimo sulla pittura e sul concetto di perturbante. Sia Nicoletta Castellaneta sia Ivan Quaroni, che ne sono i curatori, sottolineano questo tipo di rapporto con la filosofia … anche se quando io progetto il lavoro non ho la volontà di farlo. Però il concetto di perturbante è qualcosa che permea tutto il mio lavoro, soprattutto l’ultima parte in cui questa idea di un qualche cosa che ti trae in inganno, che sembra familiare e che tu consideri conosciuta, alla fine si rivela assolutamente sconosciuta e genera spavento. Mi auguro che i lavori dell’Acquario generino spaesamento. Moltissimi di questi dipinti ad olio che sono esposti sembrano metafisici, cioè paesaggi fuori dal mondo che in realtà non sono mai stati così reali.

Balena – Grand Combin, 2021, acquerello su carta, cm 62×46

Durante il lockdown, infatti, avevo bisogno del paesaggio e, siccome era impossibile muoversi allora, allestivo dei presepi sulla mia scrivania, realizzavo delle piccole quinte mettendo piante sproporzionate vicino a case e mi sono costruito un mondo. Quando poi l’ho fotografato, e quindi riguardato, mi sono accorto che poteva avere una dignità pittorica. Siccome amo molto giocare sullo scarto, cioè quando una cosa assume un significato diverso da quello che appare, ho deciso di portare l’osservatore ancora di più fuori strada, mettendo una figura umana. Queste cose sono diventate delle quinte teatrali, perché la figura dava la dimensione e quindi l’osservatore immaginava di trovarsi davanti ad un teatro, mentre invece erano soltanto dei presepi. Le figure che io avevo dipinto erano poco più che delle comparse, delle statuine che avevano questo carattere, mentre nel Rinascimento la figura dell’uomo era quella che dava la dimensione dello spazio rappresentato; io l’ho inserita, ma per portare fuori strada l’osservatore. Io gioco su questo, creando un errore in chi guarda, che percepisce questi paesaggi come metafisici, mentre sono veri, reali. Tornano quindi i fondali, non solo scenografici e marini – c’è anche un gioco di parole – ma sono fondali della nostra anima, del nostro spirito, in cui noi ci immergiamo e in cui possiamo ambientare le nostre storie e narrazioni”.

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